Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21210 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21210 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CANICATTI’ il 21/03/1946
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che, con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo, concedendo la sospensione condizionale della pena, ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento in data 3 febbraio 2022, che aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 612, secondo e terzo comma, e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge, dell’inosservanza di norme processuali e del vizio di motivazione, per essere stati ritenuti configurati l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, è inammissibile, prospettando deduzioni inedite e generiche, non proposte con l’appello e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto c sorreggono la richiesta. Inoltre, il motivo è manifestamente infondato, in quanto il provvedimento impugnato e quello di primo grado risultano adeguatamente motivati e privi di deficit logici, anzi coerenti con l’analisi riportata delle pr del loro significato (cfr. par. 3.1. della sentenza d’appello);
Ritenuto che il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge, dell’inosservanza di norme processuali e del vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis, cod. pen., è manifestamente infondato, atteso che il provvedimento impugnato è correttamente motivato e privo dei difetti di assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Inoltre, è inammissibile, poiché anche in questo caso le doglianze, prospettanti deduzioni del tutto generiche, si risolvono in un mero “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti. La Corte territoriale, invece, ha messo in evidenza, in chiave negativa, la gravità della condotta attuata, con l’uso di una pistola ed esplodendo un colpo per terrorizzare la vittima;
Considerato, altresì, che il terzo motivo di ricorso, con cui l’imputato si duole della violazione di legge, dell’inosservanza di norme processuali e del vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonché dell’eccessiva misura del trattamento sanzionatorio, è inammissibile, atteso che non si confronta con il provvedimento impugnato. Invero, la Corte di appello ha confermato la statuizione del provvedimento di primo grado con cui venivano concesse le circostanze attenuanti generiche, sia pure in misura equivalente alla contestata aggravante. Inoltre, il trattamento sanzionatorio risulta sorretto da sufficiente e non illogica motivazione. Sul punto, occorre sottolineare che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito
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esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli
elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fi della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME
Rv. 271269);
5. Rilevato che il quarto motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole della violazione di legge, per non essere stata dichiarata l’estinzione del reato per
maturazione del termine di prescrizione, è manifestamente infondato, in quanto l’asserita inosservanza è palesemente smentita dagli atti processuali. Al riguardo,
si evidenzia che, considerate le sospensioni, la prescrizione è maturata successivamente alla sentenza pronunciata dalla Corte di appello, sicchè, stante
l’inammissibilità del ricorso, non può essere rilevata per la formazione del giudicato sostanziale (cfr. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 217266;
Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 199903; Sez. U, n. 23428
del 22/3/2005, COGNOME Rv. 231164; Sez. U, n. 33542 del 27/6/2001, COGNOME
Rv. 219531). Il più recente arresto espressamente determinatosi sul tema, Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818, ha analizzato funditus la questione, concludendo nel senso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 60 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data successiva alla sentenza d’appello così come in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/04/2025.