LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per tentata truffa. I motivi dell’appellante, relativi alla tenuità del fatto, a presunte violazioni di legge e all’eccessività della pena, sono stati rigettati perché ritenuti manifestamente infondati, non specifici e meramente ripetitivi delle argomentazioni già disattese in appello, confermando la condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Generici di Appello

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso verso una sentenza di condanna. È fondamentale che i motivi di appello siano specifici, pertinenti e in grado di confrontarsi criticamente con le motivazioni del giudice precedente. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile per tentata truffa a causa della genericità e manifesta infondatezza delle censure sollevate. Analizziamo insieme questa decisione per capire quali sono i requisiti di un ricorso efficace.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in Corte d’Appello per il reato di tentata truffa, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basando la sua difesa su tre motivi principali:

1. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: L’imputato sosteneva che il reato contestato fosse di lieve entità e che, pertanto, dovesse beneficiare della non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
2. Violazione di legge: Contestava l’affermazione della sua responsabilità penale, ritenendo che le prove a suo carico non fossero sufficienti.
3. Eccessività della pena: Lamentava che la sanzione inflitta fosse sproporzionata rispetto alla gravità del fatto.

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascuno di questi punti, giungendo a una conclusione netta: il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo chiarimenti importanti sui limiti del giudizio di legittimità.

Il Primo Motivo: L’Abitualità del Comportamento Esclude la Tenuita del Fatto

La Corte ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. L’applicazione della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” richiede non solo che l’offesa sia minima, ma anche che il comportamento del reo non sia abituale. Nel caso di specie, l’imputato aveva già due condanne per reati della stessa indole. Questa circostanza, secondo i giudici, escludeva in radice il requisito della non abitualità, rendendo impossibile l’applicazione dell’esimente invocata.

Il Secondo Motivo: La Genericità Rende il Ricorso Inammissibile

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché non specifico. La difesa si era limitata a riproporre le stesse obiezioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza però contestare in modo puntuale e critico le ragioni su cui si fondava la sentenza impugnata. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge. Un ricorso che si risolve in una mera reiterazione di argomentazioni fattuali, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella decisione del giudice di merito, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.

Il Terzo Motivo: La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il terzo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato infondato. La giurisprudenza consolidata affida la graduazione della pena alla discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Finché la decisione è sorretta da una motivazione congrua e logica, come nel caso in esame, non è sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine del processo penale: per avere successo in Cassazione, un ricorso deve essere tecnicamente impeccabile. Non basta essere in disaccordo con una sentenza; è necessario dimostrare, con argomenti logico-giuridici precisi, dove e perché il giudice precedente ha sbagliato nell’applicare la legge. La mera riproposizione di censure già esaminate e la contestazione di valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, portano inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base di questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi non sono specifici, ma si limitano a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti senza un confronto critico e concreto con le ragioni della sentenza impugnata.

Perché la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ non è stata applicata in questo caso?
La Corte non ha applicato la ‘particolare tenuità del fatto’ perché l’imputato aveva già riportato due condanne per reati della stessa specie. Ciò dimostra un’abitualità nel comportamento che, per legge, impedisce l’applicazione di tale causa di non punibilità.

La Corte di Cassazione può modificare l’entità della pena decisa nei gradi precedenti?
Generalmente no. Come confermato in questa ordinanza, la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è priva di motivazione o manifestamente illogica, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha deciso nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati