Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello
Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, non è sufficiente ripetere le stesse lamentele già esposte nei gradi di giudizio precedenti. La recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i requisiti di specificità necessari affinché un ricorso non venga dichiarato ricorso inammissibile. Questo provvedimento offre spunti fondamentali sulla differenza tra estorsione e “ragion fattasi” e sulla discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
Un individuo, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi del ricorso erano tre: in primo luogo, contestava la motivazione della sentenza d’appello che lo riteneva responsabile, sostenendo di essere stato un mero “spettatore passivo” e non un partecipe attivo alla richiesta estorsiva. In secondo luogo, chiedeva la riqualificazione del reato da estorsione (art. 629 c.p.) a esercizio arbitrario delle proprie ragioni (c.d. “ragion fattasi”, art. 393 c.p.). Infine, contestava l’entità della pena e l’applicazione di un’aggravante, ritenendole eccessive.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e ha emesso un’ordinanza che dichiara il ricorso inammissibile nella sua interezza. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione si basa sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti, che non superano il vaglio di ammissibilità richiesto per il giudizio di legittimità.
Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile
L’analisi della Corte si è soffermata su ciascuno dei motivi di ricorso, spiegando nel dettaglio perché nessuno di essi potesse essere accolto. Questi chiarimenti sono cruciali per comprendere i limiti e le corrette modalità di presentazione di un ricorso in Cassazione.
Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni
Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché non rappresentava una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata, ma si limitava a una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che il giudice di secondo grado aveva ampiamente spiegato (nelle pagine 14-17 della sentenza) perché l’imputato non fosse un semplice spettatore, ma avesse partecipato attivamente alla condotta estorsiva. Riproporre gli stessi argomenti senza confrontarsi con la motivazione della corte di merito rende il ricorso non specifico e, quindi, inammissibile.
Secondo Motivo: La Distinzione tra Estorsione e “Ragion Fattasi”
Il secondo motivo, relativo alla riqualificazione del reato, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva già chiarito che non si poteva configurare il delitto di “ragion fattasi” perché la pretesa creditoria alla base dell’azione era di natura illecita e, pertanto, non azionabile davanti a un’autorità giudiziaria. Il delitto di cui all’art. 393 c.p. presuppone l’esistenza di un diritto che, sebbene in modo arbitrario, si tenta di esercitare. Se il diritto non esiste o è illecito, la condotta ricade in fattispecie più gravi, come l’estorsione.
Terzo Motivo: La Genericità sulla Determinazione della Pena
Anche il terzo motivo, riguardante l’entità della pena e l’applicazione di un’aggravante, è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità deve essere esercitata nel rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Nel caso di specie, il giudice aveva adeguatamente motivato la sua decisione, facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi, e il ricorso non presentava critiche specifiche a tale percorso logico-giuridico.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce l’importanza di redigere ricorsi per Cassazione che siano specifici, critici e non meramente ripetitivi delle difese già svolte. Un ricorso inammissibile non solo porta a una condanna alle spese, ma impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni. Per avere successo, è necessario attaccare in modo puntuale e argomentato la logica della sentenza impugnata, evidenziandone i vizi di legittimità, e non limitarsi a riproporre una diversa lettura dei fatti. La decisione conferma inoltre che la pretesa di un credito illecito non può mai essere tutelata, neanche attraverso l’arbitraria “ragion fattasi”, configurando invece il più grave reato di estorsione.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti di legge, ad esempio se i motivi sono generici, si limitano a ripetere argomenti già respinti in appello senza una critica specifica alla sentenza impugnata (pedissequa reiterazione), oppure sono manifestamente infondati.
Qual è la differenza tra il reato di estorsione e quello di “ragion fattasi”?
La “ragion fattasi” (art. 393 c.p.) si configura quando una persona si fa giustizia da sé per esercitare un diritto che potrebbe far valere in tribunale. L’estorsione (art. 629 c.p.), invece, si ha quando si costringe qualcuno a fare qualcosa per procurarsi un ingiusto profitto. Secondo la sentenza, se la pretesa alla base dell’azione è illecita e non difendibile in giudizio, non si può parlare di “ragion fattasi” ma si ricade nel reato di estorsione.
Il giudice ha piena libertà nel decidere l’entità della pena?
No, non ha piena libertà, ma un’ampia discrezionalità. La graduazione della pena deve essere esercitata nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). La decisione deve essere adeguatamente motivata e il ricorso in Cassazione su questo punto è ammissibile solo se contesta in modo specifico la logicità di tale motivazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21964 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21964 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ORUNE il 02/10/1970
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, non è deducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si vedano nello specifico pagg. 14 -17 della sentenza impugnata in cui la Corte di merito ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto che l’imputato non avesse ricoperto il ruolo di semplice “spettatore passivo”, ma avesse preso parte attivamente alla richiesta estorsiva);
che il secondo motivo di ricorso, che contesta la mancata riqualificazione del reato di cui all’art. 629 cod. pen. in quello di cui all’art. 393 cod. pen., è manifestamen infondato: la Corte di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento circa l inconfigurabilità del delitto di “ragion fattasi”, avuto riguardo alla natura illecita pretesa creditoria, non azionabile davanti all’autorità giudiziaria (si veda, in particola pag. 15 della sentenza impugnata);
che il terzo motivo di ricorso che contesta l’entità della pena e la configurabili dell’aggravante di cui all’art. 112 cod. pen., è generico non essendovi stata contestazione di detta aggravante e manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 18 della sente impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 6 maggio 2025
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Il Consigliere COGNOME
Il Presidente