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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

Una donna è stata condannata per aver favorito l’immigrazione clandestina tramite documenti falsi e per esercizio abusivo della professione. Il suo appello alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che il ricorso era troppo generico, poiché non contestava le prove chiave a suo carico (come un documento falso creato a partire da un suo documento d’identità). Inoltre, la richiesta di riesaminare le prove relative all’iscrizione a un albo professionale è stata respinta, poiché tale valutazione non è consentita nel giudizio di legittimità, rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Quando un appello alla Corte di Cassazione non entra nemmeno nel merito delle questioni sollevate? Un recente caso chiarisce i confini del giudizio di legittimità, definendo un ricorso inammissibile quando i motivi sono generici o mirano a una rivalutazione dei fatti già accertati. La sentenza in esame offre spunti fondamentali sulla differenza tra contestare l’applicazione della legge e tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti.

I Fatti del Processo: Dalle Accuse alla Condanna

Il caso ha origine dalla condanna di un’imputata in primo e secondo grado per una serie di reati gravi. Le accuse includevano la violazione delle norme sull’immigrazione (art. 5, comma 8-bis, d.lgs. 286/1998), il possesso e la fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis c.p.) e l’esercizio abusivo di una professione (art. 348 c.p.).

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputata aveva assistito un cittadino straniero nella procedura per ottenere un nulla osta al lavoro, utilizzando documenti falsi. Tra questi, una carta d’identità contraffatta dell’ipotetico datore di lavoro e un’istanza con un numero di protocollo inesistente e la firma falsa di un dirigente di polizia.

Le Ragioni del Ricorso e la Difesa dell’Imputata

Di fronte alla condanna, l’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. Sulla falsificazione dei documenti: Sosteneva di aver agito semplicemente come interprete e di aver inserito i dati nel portale ministeriale, senza poter sapere che i documenti forniti dal cittadino straniero fossero falsi.
2. Sull’esercizio abusivo della professione: Contestava che non fosse mai stata fornita la prova della sua mancata iscrizione a un albo professionale nel periodo dei fatti. A suo dire, i giudici si erano basati solo sulla sua ammissione di essere stata radiata, senza ulteriori accertamenti.

La Decisione della Cassazione: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri procedurali che delimitano chiaramente il ruolo e i poteri del giudice di legittimità.

La Genericità del Primo Motivo

Per quanto riguarda l’accusa di falso, la Corte ha definito il motivo di ricorso come aspecifico. L’imputata, infatti, si è limitata a riproporre una versione dei fatti alternativa, senza però confrontarsi con gli elementi schiaccianti che avevano fondato la sua condanna. I giudici di merito avevano evidenziato che la carta d’identità del finto datore di lavoro era stata creata partendo da un documento originale appartenente proprio all’imputata. Questo collegamento diretto, secondo la Corte, rendeva logicamente insostenibile la tesi di essere una semplice intermediaria inconsapevole.

La Richiesta di Rivalutazione delle Prove

In relazione all’esercizio abusivo della professione, la Cassazione ha ribadito un principio cardine: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. L’imputata chiedeva, in sostanza, una nuova valutazione delle prove, attività preclusa alla Corte. I giudici hanno sottolineato come la sentenza d’appello avesse correttamente motivato la condanna basandosi su più elementi: l’ammissione dell’imputata di essere stata radiata dall’albo, la testimonianza di un agente di polizia che confermava la mancata iscrizione e l’applicazione del principio della “vicinanza della prova”.

Le Motivazioni della Decisione della Corte

La Corte ha spiegato che il ricorso era manifestamente infondato. Sul primo punto, non è sufficiente presentare una tesi difensiva; è necessario demolire il ragionamento logico della sentenza impugnata. L’imputata non ha mai spiegato come fosse possibile che un documento falso fosse stato creato partendo dal suo, un dettaglio che la collegava direttamente alla fabbricazione del falso.

Sul secondo punto, la Corte ha rafforzato il concetto di “vicinanza della prova”. Una volta che l’accusa ha fornito elementi sufficienti (presunzioni, testimonianze, ammissioni) per sostenere la colpevolezza, spetta all’imputato fornire la prova contraria, specialmente quando si tratta di un fatto facilmente documentabile. Nel caso di specie, sarebbe stato estremamente semplice per l’imputata produrre un certificato di iscrizione all’albo per il periodo in questione, se fosse stata effettivamente iscritta. La sua inerzia, unita agli altri indizi, ha reso la motivazione della condanna pienamente legittima.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

Questa pronuncia ribadisce due lezioni fondamentali per chiunque affronti un processo penale. In primo luogo, un ricorso in Cassazione deve essere chirurgico e specifico, attaccando le violazioni di legge o i vizi logici della motivazione, non semplicemente riproponendo la propria versione dei fatti. In secondo luogo, il ruolo della Corte di Cassazione è quello di garante della legge, non di un terzo giudice dei fatti. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove in sede di legittimità si traduce, come in questo caso, in una dichiarazione di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile per il reato di falso?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico. L’imputata non ha contestato in modo specifico le prove a suo carico, in particolare la circostanza che un documento d’identità falso era stato creato utilizzando come base un documento originale a lei intestato, il che rendeva illogica la sua difesa di essere all’oscuro dei falsi.

Cosa significa che non è ammessa una “rivalutazione delle prove” in Cassazione?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove per decidere se l’imputato sia colpevole o innocente. Il suo compito è limitato a verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

Come ha applicato la Corte il principio della “vicinanza della prova”?
La Corte ha stabilito che, a fronte degli elementi portati dall’accusa (l’ammissione dell’imputata di essere stata radiata e la testimonianza di un poliziotto), l’onere di dimostrare di essere iscritta a un albo professionale spettava all’imputata stessa. Essendo la persona nella posizione più semplice per fornire tale prova (ad esempio, con un certificato), la sua incapacità di farlo ha rafforzato la tesi dell’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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