Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28729 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28729 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LAMEZIA TERME il 23/06/1995
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 27 settembre 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lamezia Terme del 18 gennaio 2024 con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed euro 1.600,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo: erronea applicazione dell’art. 116 cod. strada con riguardo al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale, stante l’assenza della recidiva nel biennio; vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.; mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Deve essere osservato, infatti, come la prima doglianza, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale nella quale sono state adeguatamente evidenziate le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato (pp. 2 e s. della sentenza impugnata) di fatto reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, già vagliate da parte della Corte territoriale.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel
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provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n.
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda censura, dovendo, in proposito, essere osservato come la norma che si assume violata preveda, quali condizioni
applicative (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la non abituali
del comportamento. Si richiede, pertanto, al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici requisiti» delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del
pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, primo comma, co pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa e, con questo
coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne,
conseguentemente, la punibilità (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 47039 del
08/10/2015, Derossi, Rv.265449-01).
Senza ampliare il tema oltre quanto strettamente attinente al caso concreto, risulta, dunque, alla luce di quanto sopra, che tutti gli indici indica nella sentenza impugnata siano elementi correttamente evidenziati dal giudice di merito per negare la possibilità di sussumere il fatto nell’ipotesi di cui all’art.13 bis cod. pen. (cfr. p. 3).
2.3. Del pari manifestamente infondata, infine, è pure la doglianza relativa all’omessa applicazione della sospensione condizionale della pena, avendo la Corte di appello ben rappresento e giustificato (cfr. p. 3) le ragioni di diniego di tale beneficio, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in questa sede di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
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