Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28714 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LIVORNO il 16/06/1989
avverso la sentenza del 25/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 25 ottobre 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Livorno del 15 giugno 2021 con cui COGNOME NOME era stata condannata alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 400,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 95 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato ascrittole; violazione di legge e vizio di motivazione per eccessiva entità della pena inflitta; vizio di motivazione con riguardo all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza, deve essere osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello nella quale erano state diffusamente rappresentate le ragioni di ricorrenza della penale responsabilità dell’imputata (cfr. pp. 3 e s. della sentenza impugnata) reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo
grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una
presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le tante, Sez. 2, n.
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
2.2. La decisione impugnata risulta, quindi, sorretta da conferente apparato argomentativo, di pieno rispetto della previsione normativa, quanto all’effettuata
determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto alla ricorrente.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui la
sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di
merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. d irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o
prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017,
COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME Rv. 258356-
01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294
del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
2.3. Inammissibile, infine, è anche l’ultimo motivo di ricorso, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 4) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto d negare all’imputata il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno,’2025
Il Consigliere estensore
e