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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per violazione del Codice della Strada. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi d’appello, i quali si limitavano a ripetere le argomentazioni già respinte in secondo grado, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. Viene ribadito che un’impugnazione, per essere valida, deve consistere in una critica argomentata e puntuale del provvedimento contestato.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando l’appello è solo una copia

Presentare un appello non significa semplicemente ripetere le proprie ragioni, ma confrontarsi in modo critico e puntuale con la decisione del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi erano una mera riproposizione di quanto già discusso e respinto nei gradi precedenti. Questo caso offre uno spunto essenziale sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e non generici.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale per una violazione del Codice della Strada, specificamente per la guida senza patente con recidiva nel biennio. La pena inflitta era di tre mesi di arresto e 2.500 euro di ammenda. La decisione veniva confermata anche dalla Corte d’Appello.

L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge riguardo al riconoscimento della sua responsabilità, sostenendo che la recidiva nel biennio non fosse stata correttamente accertata.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione non entra nel merito delle questioni sollevate dall’imputato, ma si ferma a un livello procedurale. Secondo i giudici, l’atto di impugnazione presentato mancava del requisito fondamentale della specificità dei motivi, trasformandosi in una sterile ripetizione di argomentazioni già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della funzione stessa dell’impugnazione. La Corte sottolinea che, ai sensi degli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale, un ricorso deve essere una “critica argomentata” del provvedimento che si contesta. Vediamo i punti chiave della motivazione.

La genericità dei motivi e l’assenza di confronto

Il primo motivo di ricorso, secondo la Cassazione, non si confrontava affatto con la “congrua e logica motivazione” fornita dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già spiegato nel dettaglio le ragioni per cui la responsabilità penale e la recidiva erano state correttamente accertate. L’atto del ricorrente si limitava a riproporre le stesse obiezioni, ignorando completamente le argomentazioni dei giudici di secondo grado. Un ricorso così strutturato è destinato all’inammissibilità perché non svolge la sua funzione, che è quella di criticare la decisione precedente, non di ignorarla.

L’obbligo di una critica puntuale

La Corte ribadisce un principio consolidato: il contenuto essenziale di un atto di impugnazione è il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento impugnato. L’appellante deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il suo dissenso. Se l’atto si limita a ripetere le doglianze già espresse, come nel caso di specie, viene meno la sua unica funzione e, di conseguenza, la sua ammissibilità.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque si appresti a redigere un atto di impugnazione. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Per evitare tale esito, è cruciale che ogni motivo di appello sia costruito come una risposta diretta e argomentata alla sentenza che si intende contestare. Non basta avere ragione nel merito; è indispensabile saper articolare le proprie ragioni in modo proceduralmente corretto, dimostrando al giudice superiore perché la decisione precedente è errata, attraverso un dialogo critico con la sua motivazione.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici e non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a ripetere argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio.

Cosa significa che un motivo di ricorso deve essere una ‘critica argomentata’?
Significa che l’atto di impugnazione deve contenere un confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento che si contesta, indicando in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che dimostrano l’errore del giudice precedente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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