Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28712 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 19/04/1975
avverso la sentenza del 27/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 27 novembre 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 10 aprile 2024 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge in relazione all’art. 116, comma 15, cod. strada con riguardo al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale, stante l’assenza della recidiva nel biennio, per essere stata considerata a tal fine una contestazione amministrativa non definitivamente accertata; violazione di legge con riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza, deve essere osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale – nella quale sono state adeguatamente evidenziate le ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, nonché di sussistenza della recidiva nel biennio (pp. 2 e ss. della sentenza impugnata) – di fatto reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, già vagliate da parte della Corte territoriale.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo
grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una
presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n.
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda censura, considerato che si tratta di motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello, perciò non sottoponibile
al vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare applicazione, in termini troncanti, il principio affermato da questa Suprema Corte per cui non
sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di
legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto
motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv.
270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore