Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 51837 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 51837 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 26/09/1955
avverso la sentenza del 02/05/2019 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Il TRIBUNALE di NOME COGNOME, con sentenza in data 02/05/2019, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal GIUDICE COGNOME di NOME COGNOME, in data 12/07/2017, nei confronti di NOME in relazione al reato di cui all’ art. 633 CP
Propone ricorso per cassazione l’imputata, lamentando:
-GLYPH e di legge e vizio della motivazione in relazione alla affermazione di penal violazion responsabilità, dal momento che la condotta di invasione del terreno della persona offesa è stata posta in essere esclusivamente dal padre della prevenuta, che può considerarsi solo connivente, ma non responsabile; né sono sufficienti per affermare il contrario le affermazioni della sol persona offesa .
-GLYPH di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle violazione attenuanti generiche, negate con argomenti che semplicemente richiamano il diniego relativo al beneficio di cui all’art. 131 bis CP, senza considerare le specifiche deduzioni difensive.
Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo, lo stesso è fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificit conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596). Invero, i giudici del merito hanno puntualmente evidenziato le condotte nelle quali si è concretata l’invasione del bene ad opera della ricorren (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), e il ricorso sul punto non contiene alcuna specific confutazione delle citate risultanze.
Peraltro, il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito nella valutazione del dichiar della persona offesa appare conforme ai criteri dettati da questa Corte , secondo cui le dichiarazioni della persona offesa – cui non si applicano le regole dettate dall’art. 192, com terzo, cod. proc. pen. – possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, più penetrante e rigor rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata d idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinsec suo racconto (Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104).
Quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la stessa è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego del concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia rifer quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determin della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso il 03/12/2019