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Ricorso inammissibile: quando l’appello è aspecifico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché uno dei motivi non era stato presentato nel precedente grado di appello, mentre il secondo motivo era totalmente aspecifico e manifestamente infondato. L’ordinanza sottolinea l’importanza di rispettare i requisiti procedurali e di specificità nei gravami. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Regole da Seguire per Evitare il Rigetto

Quando si presenta un’impugnazione in Cassazione, è fondamentale rispettare rigide regole procedurali. L’inosservanza di tali requisiti può portare a una dichiarazione di ricorso inammissibile, che impedisce alla Corte di esaminare il caso nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la mancata deduzione di un motivo in appello e l’aspecificità delle censure conducano inevitabilmente a questa conclusione, con la conseguente condanna alle spese per il ricorrente.

I Fatti di Causa

Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali. Il primo contestava un presunto vizio motivazionale in relazione alle dichiarazioni rese da alcune persone nel corso del processo. Il secondo motivo, invece, riguardava la condanna per una contravvenzione legata al possesso di un’arma, sollevando dubbi su chi fosse l’effettivo responsabile del porto del coltello.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, nel valutare il ricorso, ha esaminato separatamente i due motivi, riscontrando in entrambi vizi insuperabili che ne hanno determinato l’inammissibilità.

Il Primo Motivo: L’Eccezione non Sollevata in Appello

Con riferimento alla prima doglianza, relativa al vizio motivazionale sulle dichiarazioni, i Giudici hanno rilevato un errore procedurale decisivo. La questione, infatti, non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ossia davanti alla Corte d’Appello.

Il Codice di procedura penale, all’articolo 606, comma 3, stabilisce chiaramente che non è possibile dedurre per la prima volta in Cassazione motivi che non siano stati precedentemente presentati con l’atto di appello. Questa regola serve a garantire la gradualità dei giudizi e a evitare che la Cassazione, giudice di legittimità e non di merito, si trovi a decidere su questioni mai sottoposte all’esame della corte territoriale.

Il Secondo Motivo: Aspecificità e Infondatezza

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato “totalmente aspecifico” e “manifestamente infondato”. Il ricorrente aveva tentato di insinuare un dubbio su chi avesse effettivamente impugnato l’arma, ma la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva già chiarito questo punto, attribuendo con precisione la condotta all’imputato.

La censura è stata quindi ritenuta generica, poiché non si confrontava in modo specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata. Inoltre, la Corte ha sottolineato che, anche in un contesto di responsabilità concorsuale, l’argomento sarebbe stato comunque infondato, rendendo la doglianza del tutto irrilevante ai fini di una possibile riforma della decisione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha concluso che la combinazione di questi due vizi rendeva il ricorso interamente inammissibile. Il primo motivo era precluso da una precisa norma procedurale, mentre il secondo era privo della specificità richiesta per un’efficace critica alla sentenza d’appello, oltre a essere palesemente infondato nel merito. La decisione riafferma il principio secondo cui il ricorso per cassazione non è una sede per riesaminare i fatti, ma unicamente per controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per fare ciò, i motivi devono essere pertinenti, specifici e proceduralmente ammissibili.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo caso rappresenta un importante monito sull’importanza della diligenza tecnica nella redazione degli atti di impugnazione. Omettere un motivo in appello o formularlo in modo vago in Cassazione non solo ne pregiudica l’esito, ma comporta anche significative conseguenze economiche.

È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione che non era stato sollevato nel precedente grado di appello?
No, l’ordinanza chiarisce che un motivo non dedotto precedentemente in appello è inammissibile in Cassazione, in conformità con quanto previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “aspecifico”?
Significa che è formulato in modo generico e vago, senza indicare con precisione la critica mossa alla decisione impugnata. Nel caso specifico, il ricorso postulava un dubbio su chi avesse commesso il fatto, quando la corte territoriale lo aveva già chiaramente identificato nella sua motivazione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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