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Ricorso inammissibile: quando l’appello è aspecifico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di sostituzione di persona. La decisione si fonda sull’aspecificità dei motivi di ricorso, i quali non erano adeguatamente correlati alle ragioni della sentenza impugnata. La Corte ha chiarito che la condotta contestata non era una semplice falsa sottoscrizione (reato depenalizzato), ma l’aver istigato un terzo a fingersi garante, integrando pienamente il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.). Il ricorso è stato giudicato un ricorso inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza della Correlazione tra Motivi e Decisione Impugnata

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica giuridica precisa e rigorosa. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di motivi generici e non specificamente correlati alle argomentazioni della sentenza che si intende contestare. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere la differenza tra il reato di sostituzione di persona e l’illecito, oggi depenalizzato, di falso in scrittura privata.

I fatti del caso: L’accusa di sostituzione di persona

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di sostituzione di persona, previsto dall’articolo 494 del codice penale. L’accusa non riguardava una sua diretta falsificazione di una firma su un contratto. La condotta penalmente rilevante, secondo i giudici di merito, consisteva nell’aver istigato un’altra persona, rimasta sconosciuta, a presentarsi come garante per un contratto, fingendo di essere un’altra persona e utilizzando le generalità di quest’ultima. In sostanza, l’imputato aveva orchestrato un inganno sull’identità del garante per ottenere un vantaggio.

Il ricorso in Cassazione e la tesi difensiva

Di fronte alla Suprema Corte, la difesa ha tentato di ottenere una riqualificazione del fatto. Secondo il ricorrente, la condotta doveva essere inquadrata non come sostituzione di persona, ma come falso in scrittura privata (ex art. 485 c.p.). Questa distinzione non era puramente accademica: il reato di falso in scrittura privata è stato infatti depenalizzato, il che avrebbe portato all’annullamento della condanna.

La difesa sosteneva, quindi, che il nucleo del comportamento illecito fosse la falsa firma apposta sul contratto dal terzo ignoto, e non l’inganno sull’identità.

Le motivazioni della Cassazione: un ricorso inammissibile per aspecificità

La Corte di Cassazione ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione si basa su un duplice binario. In primo luogo, la Corte ha rilevato un vizio procedurale fondamentale: l’aspecificità del ricorso. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 8825/2017), i giudici hanno ricordato che i motivi di ricorso devono contenere una critica puntuale e specifica alle ragioni esposte nella sentenza impugnata. Non è sufficiente presentare un approccio critico generico o una ricostruzione alternativa dei fatti; è necessario demolire, punto per punto, il ragionamento logico-giuridico del giudice precedente. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva rispettato questo onere, mancando di correlare le sue censure alla specifica motivazione della Corte d’Appello.

In secondo luogo, entrando nel merito della questione giuridica, la Corte ha chiarito perché la qualificazione come sostituzione di persona fosse corretta. La condotta tipica del reato di cui all’art. 494 c.p. non era la successiva sottoscrizione del documento, ma l’atto a monte: l’aver indotto in errore i contraenti presentando un falso garante. È l’inganno sull’identità della persona, che si presenta come qualcun altro per assumere un ruolo (quello di garante) che ha effetti giuridici, a costituire il cuore del reato. La firma è solo la conseguenza di questa sostituzione di persona. Pertanto, la richiesta di riqualificazione in un reato depenalizzato era infondata.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima, di natura processuale, è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza: la redazione di un ricorso, specialmente in Cassazione, deve essere un’operazione chirurgica, mirata a smontare le specifiche argomentazioni del provvedimento contestato. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta legale, ma anche una perdita di tempo e risorse.

La seconda lezione è di diritto penale sostanziale. La Corte distingue nettamente tra l’atto di ingannare sull’identità di una persona per ottenere un vantaggio (sostituzione di persona) e il mero atto di falsificare un documento. La condotta di chi istiga un terzo a spacciarsi per un altro per fungere da garante rientra pienamente nel primo, più grave, reato, a prescindere dal valore o dalla natura del documento successivamente firmato.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per aspecificità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per aspecificità quando i motivi presentati mancano di una necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. In altre parole, il ricorrente non può limitarsi a una critica generica, ma deve contestare specificamente il ragionamento logico-giuridico della decisione che sta appellando.

Qual è la differenza tra il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e la falsa sottoscrizione (reato depenalizzato)?
La condotta tipica della sostituzione di persona consiste nell’indurre qualcuno in errore attribuendo a sé o ad altri un falso nome o una falsa qualità per ottenere un vantaggio. Nel caso specifico, l’istigazione a un terzo a fingersi garante costituisce questo reato. La falsa sottoscrizione del contratto è una condotta successiva e distinta, che non esaurisce l’illecito della sostituzione di persona.

Perché il ricorrente è stato condannato al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, è una conseguenza prevista dalla legge quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, come nel caso di un ricorso con motivi manifestamente infondati o aspecifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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