Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Tentato Furto
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale che i motivi addotti siano solidi e basati su elementi concreti e verificabili. Un ricorso inammissibile è la conseguenza di un’impugnazione che manca di questi presupposti. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un motivo di ricorso basato su un presupposto di fatto errato porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese per il ricorrente.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di tentato furto aggravato. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva già fornito un trattamento sanzionatorio più mite all’imputata: aveva escluso una delle circostanze aggravanti, ritenuto prevalenti le attenuanti generiche sulla residua aggravante e, di conseguenza, rideterminato la pena in tre mesi di reclusione e centocinquanta euro di multa.
Nonostante ciò, l’imputata ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge per omessa pronuncia di improcedibilità dell’azione penale. Secondo la difesa, mancava agli atti la querela, atto indispensabile per procedere per il reato contestato.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione ha reso definitiva la condanna stabilita dalla Corte di Appello. Oltre a ciò, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte ha liquidato il motivo di ricorso in modo netto e conciso, definendolo “manifestamente infondato”.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede in una semplice verifica fattuale. La Suprema Corte ha constatato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la querela era assolutamente presente agli atti del procedimento. Nello specifico, la denuncia-querela era stata sporta dal direttore dell’esercizio commerciale presso il competente Commissariato di Polizia in data 20 maggio 2015.
L’intero castello accusatorio del ricorso si basava sull’assenza di questo documento. Una volta accertata la sua presenza, il motivo di impugnazione è crollato, risultando privo di qualsiasi fondamento. La Corte non è nemmeno entrata nel merito di complesse questioni giuridiche, poiché il ricorso si basava su una premessa fattuale palesemente errata. L’aggettivo “manifesto” utilizzato dalla Corte sottolinea proprio l’evidenza e l’inconfutabilità dell’errore commesso dalla difesa nel presentare il ricorso.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la diligenza nella preparazione delle impugnazioni. Prima di presentare un ricorso, specialmente dinanzi alla Corte di Cassazione, è imperativo un esame scrupoloso e completo degli atti processuali. Basare un’intera strategia difensiva su un’errata percezione della realtà documentale non solo è inefficace, ma risulta anche controproducente, portando a un aggravio di spese per l’assistito.
La decisione evidenzia come il controllo della Corte di Cassazione, pur essendo un giudizio di legittimità e non di merito, includa la verifica dei presupposti di fatto su cui si fondano i motivi di ricorso. Se tali presupposti sono palesemente smentiti dai documenti, l’esito non può che essere una declaratoria di inammissibilità. Per i professionisti legali, questo caso funge da monito sull’importanza di un’analisi attenta e approfondita del fascicolo processuale prima di intraprendere qualsiasi via di ricorso.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché il ricorso non rispetta i requisiti di legge. La conseguenza è che la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso in questo caso è stato definito ‘manifestamente infondato’?
Perché si basava su un presupposto di fatto palesemente falso: la presunta mancanza della querela. La Corte ha semplicemente verificato che il documento era presente agli atti, rendendo l’argomento della difesa immediatamente privo di ogni fondamento.
Qual è stata la conseguenza finale per la ricorrente?
La sua condanna a tre mesi di reclusione e centocinquanta euro di multa per tentato furto aggravato è diventata definitiva. Inoltre, è stata condannata a pagare le spese del procedimento in Cassazione e a versare tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6547 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6547 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME natck .a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputata NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appel di Catania, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania, ha escluso la circost aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen., ha ritenuto la prevalenza delle atte generiche gia riconosciute sulla residua aggravante ed ha rideterminato la pena in mesi tre reclusione ed euro centocinquanta di multa per il reato di tentato furto aggravato;
Rilevato che il motivo unico del ricorso – con cui la ricorrente denunzia violazio legge in relazione all’omessa pronuncia di improcedibilità dell’azione penale per difett querela – è manifestamente infondato perché la querela sporta dal direttore dell’eserci commerciale “RAGIONE_SOCIALE” il 20 maggio 2015 alle ore 12.55 presso il Commissariato di Borgo Ognina è presente in atti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condann della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favo della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2024.