Ricorso inammissibile: la Cassazione chiude la porta alla messa alla prova
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del diniego della messa alla prova, chiarendo i requisiti di specificità necessari per un’impugnazione efficace. La pronuncia dichiara il ricorso inammissibile presentato da un’imputata, condannata per furto aggravato, la quale si era vista negare l’accesso al beneficio sia in primo che in secondo grado. Questa decisione sottolinea l’importanza di una motivazione concreta e non meramente ripetitiva nei ricorsi per cassazione.
I fatti del caso
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per furto aggravato, commesso fino al febbraio 2018. Il Tribunale, nel febbraio 2020, riconosceva la responsabilità penale dell’imputata, applicando le attenuanti generiche in misura equivalente all’aggravante contestata. La decisione veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello nel febbraio 2022.
Nel corso del procedimento, la difesa aveva richiesto l’ammissione dell’imputata alla messa alla prova, un istituto che consente la sospensione del processo in cambio dello svolgimento di un programma di trattamento. Tuttavia, tale richiesta era stata respinta dai giudici di merito.
La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
L’imputata, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al diniego della messa alla prova.
La Suprema Corte ha tuttavia dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo i giudici, i motivi presentati dalla ricorrente erano vaghi, non specifici e si limitavano a reiterare critiche già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e puntuale contro le specifiche ragioni della decisione impugnata, funzione che in questo caso non è stata assolta.
Le motivazioni della Corte Suprema
La Corte di Cassazione ha evidenziato come la decisione della Corte d’Appello di negare la messa alla prova fosse sorretta da una motivazione appropriata e logica. I giudici di merito avevano basato il loro diniego su due elementi cruciali:
1. Il valore del danno: L’importo del danno arrecato alla persona offesa, quantificato in 4.000,00 euro, è stato ritenuto un fattore rilevante.
2. La mancanza di volontà riparatoria: Era emersa una totale assenza di una concreta volontà da parte dell’imputata di riparare o risarcire il danno causato, un elemento fondamentale per valutare positivamente la richiesta di messa alla prova.
Di fronte a questa solida motivazione, il ricorso si è rivelato incapace di formulare una critica specifica, limitandosi a deduzioni generiche che non hanno scalfito la logicità della sentenza impugnata. Per questo, è stato dichiarato un ricorso inammissibile.
Conclusioni: Le implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già bocciate. Deve, al contrario, contenere una critica specifica e mirata alle motivazioni della sentenza che si intende contestare. In assenza di ciò, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile. La conseguenza diretta, come in questo caso, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso di tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.
Perché è stata negata la messa alla prova all’imputata?
La messa alla prova è stata negata per due ragioni principali: l’entità del danno economico causato alla vittima, pari a 4.000,00 euro, e la totale mancanza di una concreta volontà da parte dell’imputata di riparare o risarcire tale danno.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le argomentazioni presentate erano vaghe, non specifiche e si limitavano a ripetere le stesse doglianze già respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica puntuale e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11036 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MATERA il 27/08/1982
avverso la sentenza del 14/02/2022 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
1.NOME COGNOME ricorre, tramite Difensore di fiducia, per la cassazione della sentenza con la quale la Corte di appello di Potenza il 14 febbraio 2024 ha integralmente confermato la decisione, appellata dall’imputata, con cui il Tribunale di Matera il 19 febbraio 2020, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto la stessa responsabile del reato di furto consumato aggravato, fatto commesso fino al 13 febbraio 2018, in conseguenza condannandola, con !e circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti all’aggravante riconosciuta sussistente, alla pena di giustizia.
L’imputata si affida ad un unico motivo con il quale lamenta promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego di messa alla prova, che era stata richiesta nell’interesse della donna.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Infatti il non accoglimento della richiesta di messa alla prova è corredato da appropriata motivazione, che si rinviene alla p. 5 della sentenza della Corte territoriale, motivazione basata sia sul valore del danno arrecato alla persona offesa, di 4.000,00 euro, sia sulla mancanza di qualsiasi concreta volontà della donna di voler riparare o risarcire il nocumento. E rispetto ad essa il ricorso prospetta deduzioni vaghe e non specifiche, che non assolvono alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
La doglianza risulta, peraltro, meramente reiterativa di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi, con corretti argomenti giuridici, dai giudici di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
4.Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e anche della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congrua e conforme a diritto, che è indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.