Ricorso inammissibile: La Definitività dell’Accertamento di Responsabilità
Nel complesso panorama della procedura penale, l’istituto del ricorso inammissibile rappresenta un punto cruciale che sancisce i limiti entro cui è possibile impugnare una decisione giudiziaria. Quando un accertamento di responsabilità penale diventa definitivo, non è più possibile rimetterlo in discussione, neanche in fasi successive del procedimento dedicate alla sola rideterminazione della pena. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illumina proprio questo principio, chiarendo le conseguenze di un’impugnazione che tenta di superare i confini stabiliti da una precedente pronuncia.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di una Corte d’Appello. Tale sentenza era stata emessa a seguito di un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione. È fondamentale notare che il primo annullamento era stato parziale: la Cassazione aveva confermato in via definitiva la responsabilità penale dell’imputato, annullando la sentenza precedente solo per quanto concerneva la determinazione dell’aumento di pena per la continuazione tra reati. La Corte d’Appello, quindi, era stata chiamata a pronunciarsi unicamente su questo specifico punto, ovvero a ricalcolare una porzione della pena.
Nonostante ciò, l’imputato, nel suo nuovo ricorso, sollevava due motivi di doglianza: il primo contestava la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, rimettendo in discussione la sua colpevolezza; il secondo criticava la motivazione della Corte d’Appello sulla nuova quantificazione della pena (la cosiddetta dosimetria sanzionatoria).
La Decisione della Corte e le ragioni del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. La decisione si fonda su una logica procedurale stringente che mira a garantire la certezza del diritto e a evitare la perpetua ridiscussione di punti già decisi in via definitiva. Gli Ermellini hanno stabilito che l’imputato non poteva più contestare la propria responsabilità, poiché questa era già stata cristallizzata dalla precedente sentenza della Cassazione, che aveva prodotto un giudicato parziale sulla colpevolezza.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza ha smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni nette.
Il primo motivo, relativo alla prescrizione, è stato ritenuto inammissibile perché tentava di riaprire un capitolo già chiuso. La Corte ha sottolineato che la precedente sentenza di legittimità aveva sancito la “conseguente definitività dell’accertamento di responsabilità”. Di conseguenza, ogni questione relativa alla colpevolezza o all’esistenza stessa del reato era preclusa e non poteva essere oggetto di un nuovo esame.
Anche il secondo motivo, pur attinente all’unico aspetto ancora in discussione (la rideterminazione della pena), è stato respinto. La Corte ha qualificato la censura come “non solo generica, ma anche manifestamente infondata”. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione “puntuale”, “logica e persuasiva” per la riduzione dell’aumento di pena a 5 giorni di reclusione. Il ricorrente, invece di confrontarsi specificamente con tale motivazione, aveva articolato una critica “del tutto aspecifica”, che non era in grado di scalfire la coerenza del ragionamento del giudice di merito. Un motivo di ricorso, per essere ammissibile, deve dialogare con la sentenza impugnata, evidenziandone vizi concreti, e non limitarsi a una generica lamentela.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’importanza della specificità e del perimetro delle impugnazioni. Quando una sentenza della Cassazione definisce irrevocabilmente un punto della controversia, come la responsabilità penale, quel punto non può più essere messo in discussione. I successivi gradi di giudizio, se previsti, possono vertere solo sugli aspetti specifici per i quali è stato disposto il rinvio. Presentare un ricorso inammissibile non è un atto privo di conseguenze: come nel caso di specie, comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento tutela l’efficienza del processo e la stabilità delle decisioni giudiziarie.
È possibile contestare la propria colpevolezza dopo un annullamento con rinvio limitato alla sola pena?
No. Se la precedente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato l’accertamento della responsabilità, rendendolo definitivo, questo aspetto non può più essere messo in discussione nelle fasi successive del giudizio di rinvio, che avrà ad oggetto unicamente i punti specifici indicati dalla Corte.
Perché un motivo di ricorso sulla quantificazione della pena può essere dichiarato inammissibile?
Un motivo di ricorso sulla quantificazione della pena (dosimetria) viene dichiarato inammissibile se è generico, aspecifico o manifestamente infondato. Ciò accade quando il ricorrente non si confronta criticamente con la motivazione logica e persuasiva della sentenza impugnata, ma si limita a una critica generale senza individuare vizi concreti nel ragionamento del giudice.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso specifico, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32126 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32126 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAGENTA il 08/04/1973
avverso la sentenza del 08/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dalla parte civile costituita in data 30/06/2025;
rilevato che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente contesta violazione di legge con riferimento alla mancata dichiarazione di estinzione del reato di cui all’art. 651 cod. pen. per intervenuta prescrizione non è consentito, atteso che a seguito della sentenza n. 25841 del 16/05/2024 la Sesta Sezione ha annullato la sentenza della Corte di appello di Milano del 25/09/2023 solo ed esclusivamente con riferimento alla determinazione dell’aumento in continuazione, dichiarando invece inammissibili i residui motivi di ricorso con “conseguente definitività dell’accertamento di responsabilità” (pag. 4 della sentenza della Sesta Sezione di questa Corte sopra citata);
rilevato che il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente deduce la ricorrenza di vizio della motivazione perché manifestamente illogica, mancante o contraddittoria in ordine alla dosimetria del trattamento sanzionatorio con riferimento al perimetro delibativo demandato a seguito di annullamento con rinvio, è non solo generico, ma anche manifestamente infondato perché la Corte di appello ha reso una puntuale motivazione sul tema relativo all’aumento da computare in continuazione, giungendo ad una riduzione dello stesso nella misura di giorni 5 di reclusione, con motivazione logica e persuasiva (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata), con la quale il ricorrente non si confronta, articolando una censura del tutto aspecifica;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 luglio 2025.