Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9074 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9074 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CAPO D’ORLANDO il 23/06/1952
avverso la sentenza del 26/09/2024 della Corte d’appello di Torino
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 26 settembre 2023 con cui la Corte di appello di Torino, confermando la sentenza di primo grado, lo ha condannato alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 424 cod. pen. commesso il 12 agosto 2017;
rilevato che il ricorrente deduce, con due motivi, il vizio di motivazione, per averlo la Corte di appello condannato pur essendo evidente la insussistenza degli elementi di prova a suo carico o quanto meno il dubbio sugli stessi, senza tenere conto delle sue difficoltà a deambulare e senza spiegare il nesso che legherebbe la presenza sul luogo del fatto del veicolo in uso al suo presunto complice e la sua partecipazione al reato stesso; inoltre, nel determinare la pena, non ha tenuto conto della minima gravità del fatto, per i modesti danni causati, dell’età del ricorrente e della lontananza nel tempo della suà precedente condanna;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile, quanto al primo motivo, perché prospetta motivi non consentiti in tema di legittimità, sollecitando questa Corte a fornire una diversa valutazione degli indizi e delle prove esaminate dai giudici di merito, mentre costituisce un principio consolidato quello secondo cui «In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno … » (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260, e le molte successive), per cui «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747);
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ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata non presenti profili di manifesta illogicità, contraddittorietà, carenza o apparenza, avendo essa valutato in modo complessivo i vari indizi e dedotto, da tale valutazione, la sussistenza di una prova sufficiente per la condanna, mancando anche ipotesi alternative valide e plausibili, mentre il ricorso oppone, a tale valutazione, solo una critica parcellizzata dei singoli indizi, senza procedere alla loro necessaria lettura unitaria, così come effettuato dalla sentenza impugnata (vedi Sez. 1, n. 20030 del 18/01/2024, Rv. 286492);
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità anche con riferimento al trattamento sanzionatorio, in quanto non si confronta con la sentenza impugnata, che ha ampiamente motivato, con argomentazione logica e non contraddittoria, il lieve scostamento dal minimo edittale, pari a soli due mesi di reclusione, con la gravità del fatto e delle sue modalità, per avere il ricorrente dato fuoco a più arredi previamente preoccupandosi di manomettere le telecamere di sorveglianza, con il suo grave precedente penale che lo fa ritenere incline a delinquere, e con l’assenza, dopo il reato, di iniziative risarcitorie;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025