Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22472 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22472 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a VENARIA REALE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché la memoria successivamente pervenuta;
ritenuto che il primo e il terzo motivo del ricorso dell’imputo COGNOME, con i quali si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità in ragione della mancanza di prova della sussistenza degli elementi costitutivi del reato, con particolare riguardo all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, sono privi di concreta specificità e tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri d valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, de credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convincimento, non sindacabili in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4);
osservato che il secondo motivo, con il quale si contesta il riconoscimento delle aggravanti di cui all’art. 628, terzo comma, nn. 1) e 3-bis), cod. pen., non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
che, nella specie, il giudice di appello ha correttamente omesso di pronunziarsi sul punto perché si tratta di questioni non devolute alla sua cognizione, come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si veda pag. 2), considerato che l’unico motivo di ricorso del coimputato COGNOME, inerente alla insussistenza della condotta violenta e, di conseguenza, alla corretta qualificazione giuridica dei fatto, non è specifico né consentito in quanto, a fronte della corretta sussunzione del fatto, per come ricostruito, nella fattispecie di cui all’art. 628, secondo comma, cod. pen., il ricorrente insiste sulla mancata derubricazione nell’ipotesi di cui all’art. 624-bis cod. pen., basandosi su assunti
relativi alla ricostruzione dinamica della fattispecie concreta, non rivisitabile nel presente giudizio di legittimità;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 16 aprile 2024.