Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19847 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19847 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME, considerato che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di rapina ascritto all’imputato, non è consentito in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pp. 8-10 della impugnata sentenza);
osservato che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cu valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
rilevato che, pur avendo formalmente espresso censure ascritte alle categorie del vizio di motivazione, il ricorrente in realtà non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio;
osservato che il medesimo motivo di ricorso risulta, inoltre, indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso con cui si deduce la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è indeducibile e manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 10 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da manifeste illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti deci o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tal valutazione;
che il medesimo motivo di ricorso, contestando l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità sempre perché oppone valutazioni di merito; il motivo è anche manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e
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per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
rilevato che nella specie la Corte territoriale ha adeguatamente motivato ed esaminato le deduzioni difensive in punto di dosimetria della pena, seppur attraverso una motivazione per relationem, dal momento che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; di recente v. Sez. 2, n. 22066 del 02/03/2021, COGNOME, Rv. 281499, non mass. sul punto);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 marzo 2024