Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le ragioni che possono portare a un ricorso inammissibile. Il caso riguarda un imputato condannato per violazione della normativa sugli stupefacenti che, nel tentativo di ribaltare la decisione, si è visto chiudere le porte della Suprema Corte. Questa decisione ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna per un reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990, comunemente noto come Testo Unico sugli Stupefacenti. L’imputato, non accettando la pronuncia di secondo grado che ne confermava la responsabilità penale, ha proposto ricorso per Cassazione. Il motivo del ricorso si concentrava esclusivamente sulla contestazione del giudizio di responsabilità, cercando di ottenere un riesame della sua posizione.
La Decisione della Corte e il Concetto di Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10974/2024, ha troncato sul nascere le aspettative del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa pronuncia non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello preliminare, quello dei requisiti di ammissibilità dell’impugnazione. La Corte ha ritenuto che i motivi addotti non fossero ‘consentiti dalla legge’ per questo specifico tipo di giudizio.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte Suprema non è un ‘terzo giudice’ dei fatti, ma un ‘giudice della legge’ (o ‘giudice di legittimità’). Il suo compito non è rivalutare le prove, come le testimonianze o le perizie, per decidere se l’imputato sia colpevole. Quella è una valutazione ‘di merito’, che spetta ai giudici di primo e secondo grado.
La Cassazione interviene solo se nel processo precedente sono stati commessi errori di diritto, come l’errata interpretazione di una norma o vizi procedurali. Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che l’imputato non si è confrontato con la motivazione giuridica della sentenza d’appello, limitandosi a sollecitare ‘una diversa valutazione delle prove e una rivisitazione dei fatti’. In pratica, ha chiesto alla Cassazione di fare ciò che per legge non può fare: un nuovo processo di merito. Questa impostazione rende il ricorso inevitabilmente inammissibile.
Le Conclusioni
Le conseguenze pratiche di una dichiarazione di inammissibilità sono severe. Il ricorso viene rigettato senza essere esaminato nel contenuto, la sentenza di condanna diventa definitiva e, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (tremila euro) alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza funge da monito: un ricorso per Cassazione deve essere tecnicamente ben impostato, focalizzandosi su precise violazioni di legge e non su un generico dissenso rispetto alla valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito. Affidarsi a una strategia difensiva che ignori questi paletti procedurali si traduce in un esito sfavorevole e in ulteriori oneri economici.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché il ricorrente non ha contestato errori di diritto o vizi procedurali della sentenza impugnata, ma ha chiesto una nuova valutazione delle prove e una riconsiderazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Cosa non si può chiedere in un ricorso per Cassazione secondo questa ordinanza?
Secondo questa ordinanza, in un ricorso per Cassazione non si può sollecitare una diversa valutazione delle prove o una ‘rivisitazione dei fatti’, poiché la Corte si occupa del controllo di legittimità e non del merito della causa.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma definitiva della sentenza di condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10974 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PARMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G. n. 27503/2023
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato previsto dall’art. 73 d. ottobre 1990, n. 309);
Esaminati il motivo di ricorso, relativo al giudizio di responsabilità;
Ritenuto il motivo inammissibile perché non consentito dalla legge, non confrontandosi l’imputato con la motivazione della sentenza impugnata e sollecitando una diversa valutazione delle prove e una rivisitazione dei fatti (cfr., pagg.5 e ss. sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023.