Ricorso inammissibile: Cosa Succede Quando la Cassazione Rigetta l’Appello per Motivi di Forma
Presentare un ricorso in Cassazione non significa ottenere automaticamente un nuovo processo. La Suprema Corte ha un ruolo ben preciso: verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti. Quando un ricorso si concentra su aspetti che esulano da questo compito, il risultato è spesso una declaratoria di ricorso inammissibile. L’ordinanza n. 4383/2024 della Corte di Cassazione penale offre un chiaro esempio delle conseguenze di un’impugnazione mal impostata, che si traduce non solo in una sconfitta processuale ma anche in sanzioni economiche per i ricorrenti.
I Fatti del Processo
Tre persone, già condannate dalla Corte d’Appello di Roma, decidevano di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. I motivi del loro ricorso erano principalmente tre:
1. Due degli imputati contestavano la valutazione dei giudici d’appello riguardo alla loro partecipazione al reato contestato.
2. Tutti e tre criticavano l’esattezza del calcolo del quantitativo di THC (principio attivo della cannabis), effettuato dal consulente tecnico del Pubblico Ministero.
3. Infine, lamentavano il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
In sostanza, i ricorrenti chiedevano alla Suprema Corte di rimettere in discussione le conclusioni a cui erano giunti i giudici di merito basandosi sulle prove raccolte.
Le Motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è di natura puramente procedurale e fondamentale per comprendere il funzionamento del nostro sistema giudiziario. La Corte ha spiegato che tutti i motivi presentati non erano critiche sulla violazione della legge, ma tentativi di ottenere una “rivalutazione” o una “alternativa rilettura delle fonti probatorie”.
Questo tipo di richiesta è estranea al “sindacato di legittimità” proprio della Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo grado di giudizio” dove si può ridiscutere l’esito delle prove. Il suo compito è verificare che i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano seguito le regole procedurali e interpretato correttamente le norme giuridiche.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come le argomentazioni dei ricorrenti fossero “meramente riproduttivi” di censure già esaminate e respinte con argomentazioni corrette dalla Corte d’Appello. Proporre nuovamente le stesse questioni, senza individuare un vizio di legge specifico nella sentenza impugnata, rende il ricorso inevitabilmente inammissibile.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze economiche dirette per i ricorrenti. In primo luogo, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, e come diretta conseguenza dell’inammissibilità, sono stati condannati a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il lavoro della Suprema Corte.
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge) e non su una diversa interpretazione dei fatti. Tentare di trasformare la Corte di Cassazione in un giudice di merito è una strategia destinata al fallimento, con l’ulteriore aggravio di costi e sanzioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non erano vizi di legittimità, ma tentativi di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove (come la partecipazione al reato o il calcolo del THC), attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito e non alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare il calcolo del quantitativo di una sostanza stupefacente?
No, non direttamente. La Cassazione non può riesaminare nel merito una perizia o una consulenza tecnica. Può solo verificare se il giudice di merito abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente con le prove, senza cadere in vizi di legge o in palesi errori di ragionamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4383 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4383 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME COGNOME NOME il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a LATINA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a LATINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di C:arlos NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché i motivi proposti – con cui NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno lamentato la mancata c:onsiderazione delle deduzioni difensive circa la partecipazione al delitto contestato e con cui tutti i ricorrenti hanno censurato l’esattezza del calcolo circa il quantitativo di THC, effettuato dal consulente del Pubblico ministero, e il diniego delle attenuanti generiche – sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o una alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 8, 9 e 10 della sentenza impugnata);
considerato che con la memoria depositata i ricorrenti hanno dedotto l’ammissibilità dei motivi di ricorso, reiterando le argomentazioni ivi formulate;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186 del 2000) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023