Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43810 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 13/05/1985
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 25 ottobre 2023 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia del Tribunale di Avezzano del 4 febbraio 2022 con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 2.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta prova della detenzione a fine di spaccio dello stupefacente rinvenuto in suo possesso;. erronea applicazione di legge in relazione al mancato riconoscimento in suo favore della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza, deve essere osservato come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01).
In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come l’imputato in realtà invochi un’inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in
punto di valutazione della prova e di qualificazione del fatto delittuoso, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito per affermare la sua responsabilità penale, in particolar modo evidenziando le peculiari ragioni (quantitativo, frazionamento, occultamento, dosi ricavabili) per cui lo stupefacente rinvenuto in suo possesso non potesse essere destinato ad un uso esclusivamente personale (cfr. pp. 4 e s. della sentenza impugnata).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza eccepita da parte del ricorrente, in quanto proposta con motivo manifestamente infondato, risultando congruo e logico il ragionamento espresso dalla Corte di appello con cui è stato evidenziato come il numero di dosi ricavabili dalle sostanze stupefacenti detenute dall’imputato non consentisse di ritenere la sussistenza di un lucro di speciale tenuità, di rilievo ai sensi dell’art. 62 n. 4 cod. pen.
In ogni modo, l’indicata censura appare reiterativa di identica doglianza eccepita con l’atto di appello, ribadendo le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente