Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35577 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2025 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di dui all’art. 624-bis cod. pen., aggravato dall’effrazione.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su due motivi (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce la violazione di legge per non aver la Corte territoriale rilevato il ragionevole dubbio, e quindi assolto ex art. 533, comma 2, cod. proc. pen., confermando la responsabilità dell’imputato per il delitto di furto solo in ragione della sua disponibilità del cellulare sottratto alla persona offesa in un breve lasso di tempo dall’esecuzione del furto stesso. Parimenti dicasi quanto alla ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche che, invece, a dire del ricorrente, fonderebbero sull’occasionalità della condotta e sulla necessità di adeguare la sanzione al reale disvalore del fatto.
3. Il ricorso è inammissibile.
Come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 6), le censure, anche laddove prospettate come rivolte alla specifica motivazione di secondo grado, sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (a pag. 6 e 7). Trattasi dunque di censure da considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti, e Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
Fermo restando quanto innanzi, il motivo che si appunta sull’accertata responsabilità è inammissibile anche in virtù del mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì: Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione). Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale si fa carico delle doglianze difensive e fonda l’accertata responsabilità per il furto sulla disponibilità del cellulare da parte del prevenuto, comunque non altrimenti giustificata, «nei momenti immediatamente successivi al furto» e in particolare in condizioni di tempo tali da rendere innplausibile che lo stesso lo potesse aver ricevuto da altri.
Nei detti termini peraltro i giudici di merito mostrano di aver correttamente applicato il principio di diritto governante la materia, con il quale il ricorrente sostanzialmente non si confronta con motivo che, pertanto, si mostra anche manifestamente infondato, per cui il semplice possesso della refurtiva può ritenersi idoneo a provare che il detentore sia autore della sottrazione qualora concorrano altri elementi fra cui quello temporale, atti ad escludere la provenienza del possesso da altra fonte (Sez. 5, n. 19453 del 20/01/2010, COGNOME, Rv. 247138 – 01).
Quanto al motivo che si appunta sulla ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche, al già evidenziato profilo d’inammissibilità per la sua natura meramente reiterativa (precedente par. 3) si aggiunge l’inammissibilità ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano i riferimenti giurisprudenziali di cui al precedente paragrafo 3). Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alla valutazione del giudice di merito nella valutazione di circostanze fattuali astrattamente rilevanti ai fini del giudizio circa la sussistenza delle attenuanti generiche, invece escluse in ragione
dell’irrilevanza della mera incensuratezza, per quanto disposto dall’art. 62-bis cod. pen., e in merito alla gravità del fatto, peraltro commesso da soggetto che ha altresì messo a soqquadro il luogo di esecuzione del reato.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2025 Il GLYPH si erA s ensore GLYPH
Il Presidente