Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i requisiti
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni. È fondamentale che l’atto rispetti precisi requisiti formali e sostanziali, altrimenti si rischia una declaratoria di ricorso inammissibile. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ribadisce un principio cruciale: la mera ripetizione degli argomenti già discussi e rigettati nel grado di appello non costituisce un valido motivo di ricorso. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché.
I fatti del processo
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per i reati di truffa (art. 640 c.p.) e sostituzione di persona (art. 494 c.p.). L’imputato aveva presentato diversi motivi di ricorso alla Corte di Cassazione.
I primi tre motivi contestavano la valutazione delle prove e la violazione di legge, sostenendo che la sua condotta non integrasse gli estremi della truffa, ma al massimo quelli dell’insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.). L’ultimo motivo, invece, criticava la decisione della Corte d’Appello di non concedergli le circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).
La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato l’intero ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: i motivi presentati dall’imputato non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello.
Secondo i giudici di legittimità, i motivi di ricorso erano “soltanto apparenti”. Invece di svolgere una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza di secondo grado, l’imputato si era limitato a riproporre le stesse tesi difensive. Questo comportamento processuale non assolve alla funzione tipica del ricorso per cassazione, che è quella di evidenziare vizi specifici (di logica o di diritto) presenti nella decisione impugnata.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione “congrua e scevra di vizi logico-giuridici” per confermare la condanna. I giudici di merito avevano adeguatamente valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, riscontrate da prove documentali, per accertare la sussistenza di “artifici e raggiri” e non di una mera dissimulazione.
Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente avrebbe dovuto contestare punto per punto le argomentazioni della Corte d’Appello, dimostrando perché fossero errate o illogiche. Ripetere semplicemente che i fatti andavano qualificati diversamente è stato ritenuto un approccio inefficace e, quindi, inammissibile.
Anche il motivo relativo alle attenuanti generiche è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato che la valutazione sul trattamento sanzionatorio è una questione di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, la decisione del giudice inferiore è supportata da una motivazione sufficiente e non illogica.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre un importante insegnamento pratico: un ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove ridiscutere i fatti. È un rimedio straordinario finalizzato a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile che i motivi di ricorso siano specifici, pertinenti e critici nei confronti della sentenza impugnata. La semplice riproposizione di doglianze già respinte equivale a presentare un ricorso vuoto, destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano considerati generici, essendo una mera ripetizione di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza offrire una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
Cosa si intende per ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi di ricorso?
Si intende la riproposizione letterale e acritica delle stesse argomentazioni già utilizzate in un grado di giudizio precedente. Un ricorso in Cassazione deve invece contestare specificamente le ragioni della decisione del giudice d’appello, non limitarsi a ripetere vecchie difese.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5692 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5692  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i primi tre motivi di ricorso, che contestano il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione all’art. 640 cod. pen., quanto al capo A) dell’imputazione, e all’art. 494 cod. pen., quanto al capo E) dell’imputazione, nonché l’omessa motivazione in ordine all’invocata riqualificazione ex art. 641 cod. pen., sono generici poiché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 5;s. della sentenza impugnata, recanti una motivazione congrua e scevra di vizi logico-giuridici, con cui si richiamano incensurabilmente le dichiarazioni della PO riscontrate documentalmente e la sussistenza di artifici e raggiri e non di mera dissimulazione);
considerato che l’ultimo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio motivazionale in ordine all’art. 62-bis cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché afferente al trattamento punitivo, sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si vedano, in particolare, pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 05/12/2023
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