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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati dall’imputato erano una mera e generica ripetizione di quelli già respinti dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha sottolineato che un ricorso, per essere valido, deve contenere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i requisiti

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni. È fondamentale che l’atto rispetti precisi requisiti formali e sostanziali, altrimenti si rischia una declaratoria di ricorso inammissibile. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ribadisce un principio cruciale: la mera ripetizione degli argomenti già discussi e rigettati nel grado di appello non costituisce un valido motivo di ricorso. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché.

I fatti del processo

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per i reati di truffa (art. 640 c.p.) e sostituzione di persona (art. 494 c.p.). L’imputato aveva presentato diversi motivi di ricorso alla Corte di Cassazione.

I primi tre motivi contestavano la valutazione delle prove e la violazione di legge, sostenendo che la sua condotta non integrasse gli estremi della truffa, ma al massimo quelli dell’insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.). L’ultimo motivo, invece, criticava la decisione della Corte d’Appello di non concedergli le circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato l’intero ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: i motivi presentati dall’imputato non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello.

Secondo i giudici di legittimità, i motivi di ricorso erano “soltanto apparenti”. Invece di svolgere una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza di secondo grado, l’imputato si era limitato a riproporre le stesse tesi difensive. Questo comportamento processuale non assolve alla funzione tipica del ricorso per cassazione, che è quella di evidenziare vizi specifici (di logica o di diritto) presenti nella decisione impugnata.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione “congrua e scevra di vizi logico-giuridici” per confermare la condanna. I giudici di merito avevano adeguatamente valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, riscontrate da prove documentali, per accertare la sussistenza di “artifici e raggiri” e non di una mera dissimulazione.

Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente avrebbe dovuto contestare punto per punto le argomentazioni della Corte d’Appello, dimostrando perché fossero errate o illogiche. Ripetere semplicemente che i fatti andavano qualificati diversamente è stato ritenuto un approccio inefficace e, quindi, inammissibile.

Anche il motivo relativo alle attenuanti generiche è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato che la valutazione sul trattamento sanzionatorio è una questione di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, la decisione del giudice inferiore è supportata da una motivazione sufficiente e non illogica.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante insegnamento pratico: un ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove ridiscutere i fatti. È un rimedio straordinario finalizzato a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile che i motivi di ricorso siano specifici, pertinenti e critici nei confronti della sentenza impugnata. La semplice riproposizione di doglianze già respinte equivale a presentare un ricorso vuoto, destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano considerati generici, essendo una mera ripetizione di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza offrire una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

Cosa si intende per ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi di ricorso?
Si intende la riproposizione letterale e acritica delle stesse argomentazioni già utilizzate in un grado di giudizio precedente. Un ricorso in Cassazione deve invece contestare specificamente le ragioni della decisione del giudice d’appello, non limitarsi a ripetere vecchie difese.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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