Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33571 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33571 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA11 DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto . il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che propongono censure sulla condizione di procedibilità, sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito; dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, in particolare, il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la tardività della presentazione della querela, non tiene conto di quanto argomentato dalla Corte di merito alle pagine 7 e 8 (in particolare al secondo capoverso) della sentenza impugnata, ove si chiarisce come il termine di tre mesi di cui all’art. 124 cod. pen., nel caso in cui non sia attivata la procedura prevista dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni, decorre dalla compiuta conoscenza del fatto punibile (in questi precisi sensi, Sez. 2, n. 36942 del 27/04/2018, Pompilio, Rv. 273517 – 01), che nella fattispecie coincide con la data (19 aprile 2017) in cui i fatti sono stati comunicati ai vertici amministrativi della Compagnia; la querela proposta in data 29 giugno 2017 è stata, pertanto, correttamente ritenuta tempestiva dai giudici del merito;
che, in particolare, il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce la equivocità stessa della querela (avendo la parte offesa presentato, secondo il ricorrente una semplice denuncia), non tiene conto di quanto motivato nella sentenza d’appello, che alla pagina 8 evidenzia come il documento riporti la dicitura che allo stesso di dovrà attribuire valore di formale querela nel caso in cui si fosse configurata la fattispecie di reato;
ritenuto che il terzo e il quarto motivo di ricorso, che contestano la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché tendenti ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, che, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, esulando infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
che, in particolare, il terzo motivo di ricorso ripropone la valutazione, ai fini dell’esclusione della responsabilità penale dell’imputato, di un verbale di contravvenzione della RAGIONE_SOCIALE, non confrontandosi con il puntuale e decisivo rilievo (contenuto nella sentenza di appello, alla pagina 10) incentrato sul
fatto che tale verbale identifica il veicolo esclusivamente a mezzo di targhe, senza alcun riferimento al numero di telaio;
che, in particolare, il quarto motivo di ricorso trascura completamente l’iter argomentativo illustrato alle pagine 9 e 10 della sentenza di appello, che dà anche conto dell’esclusione dell’ipotesi alternativa sostenuta dalla difesa, secondo cui sarebbe avvenuta la trasformazione del veicola;
ritenuto che il quinto motivo di ricorso che deduce la intervenuta prescrizione del reato è manifestamente infondato in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266)
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 12 settembre 2025.