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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sulla genericità del motivo di appello, che non criticava analiticamente la sentenza precedente ma si limitava a riproporre argomentazioni già valutate. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede il rispetto di requisiti rigorosi, la cui mancanza può portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questa sanzione processuale impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione, con conseguenze significative per il ricorrente. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio dei motivi che conducono a tale esito, ribadendo principi fondamentali della procedura penale.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), relativo a fatti di lieve entità, commesso con l’aggravante della recidiva. La Corte d’Appello di Bari aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo alla destinazione allo spaccio della sostanza sequestrata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1353/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra esclusivamente sulla correttezza formale e sostanziale dell’atto di impugnazione. La conseguenza diretta di questa declaratoria è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è inammissibile?

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due argomentazioni principali, entrambe radicate in consolidati principi giurisprudenziali.

Mancanza di un’Analisi Critica

Il primo punto sollevato dai giudici è che il ricorso non conteneva una necessaria analisi critica delle argomentazioni della sentenza impugnata. In altre parole, non è sufficiente esprimere un generico dissenso. L’atto di impugnazione deve confrontarsi specificamente con la motivazione del giudice d’appello, evidenziandone le contraddizioni, le illogicità o le violazioni di legge. Un ricorso che si limita a riproporre le stesse tesi difensive già respinte, senza criticare il ragionamento che ha portato a tale rigetto, è considerato aspecifico e, quindi, inammissibile. La Corte richiama precedenti sentenze (tra cui Cass. n. 8700/2013 e le Sezioni Unite n. 8825/2016) per sottolineare come l’impugnazione debba avere un contenuto essenziale di critica mirata.

Mera Reiterazione e Lettura Alternativa

Il secondo motivo di inammissibilità è strettamente legato al primo. La Corte ha rilevato che la censura proposta dall’imputato era meramente reiterativa di una doglianza già esaminata e respinta nei gradi di merito. Inoltre, il ricorso si limitava a proporre una ‘lettura alternativa’ della prova indiziaria, suggerendo un’interpretazione dei fatti diversa da quella, non illogica, adottata dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono rivalutare le prove. Il suo compito è verificare la legittimità e la coerenza logica della decisione, non sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. Proporre una ricostruzione alternativa, senza demolire la logicità di quella accolta in sentenza, non costituisce un valido motivo di ricorso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere un atto tecnico di alta precisione. Non è una sede per riesaminare l’intero processo, ma per contestare vizi specifici della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche un ulteriore onere economico per il ricorrente. È quindi cruciale che i motivi di ricorso siano specifici, critici e focalizzati sui vizi di legittimità, evitando semplici riproposizioni di argomenti già sconfitti o mere interpretazioni alternative dei fatti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché il motivo di ricorso era generico, non conteneva un’analisi critica delle argomentazioni della sentenza d’appello e si limitava a reiterare una doglianza già adeguatamente vagliata, proponendo una lettura alternativa delle prove senza dimostrare un vizio logico nella decisione impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle Ammende.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove (come farebbe un tribunale o una corte d’appello), ma verificare che la sentenza impugnata abbia applicato correttamente la legge e che la sua motivazione sia logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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