Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta
Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica, precisione e una solida base giuridica. Un’impugnazione generica, priva di un’analisi critica della decisione contestata, è destinata a fallire. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ce lo ricorda chiaramente, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese. Analizziamo insieme i motivi di questa decisione e le lezioni pratiche che se ne possono trarre.
I fatti del processo: dal furto aggravato al ricorso in Cassazione
Il caso ha origine da una condanna per furto in abitazione aggravato. L’imputato, giudicato colpevole sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello, decideva di tentare l’ultima via, proponendo ricorso per cassazione. La difesa contestava, tra le altre cose, il giudizio di comparazione tra le circostanze aggravanti e le attenuanti generiche, ritenuto sfavorevole all’imputato.
La decisione della Corte: il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 46150 del 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle doglianze, ma si ferma a un livello preliminare: l’atto di impugnazione non aveva i requisiti minimi per essere esaminato. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni di un ricorso inammissibile
La motivazione della Corte si basa su principi consolidati della procedura penale. L’inammissibilità deriva principalmente da due ragioni strettamente connesse.
La genericità dei motivi di ricorso
Il primo punto, fondamentale, è che il ricorso era stato proposto per motivi “non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione”. In altre parole, la difesa non aveva smontato punto per punto la sentenza della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi in modo generico. La Cassazione, citando precedenti importanti (tra cui le Sezioni Unite ‘Galtelli’), ricorda che un ricorso, per essere ammissibile, deve confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone le presunte criticità e illogicità. Un ricorso che ignora tale motivazione è, per definizione, inammissibile.
Il potere del giudice di merito nella valutazione delle circostanze
Il secondo aspetto riguarda il bilanciamento delle circostanze (art. 69 c.p.). La Corte ribadisce che questo giudizio è un’attività valutativa riservata al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a patto che sia congruamente motivata. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano giustificato la loro decisione di non far prevalere le attenuanti generiche valorizzando due elementi:
1. La gravità del reato: erano stati sottratti gioielli di valore significativo, mai restituiti alla persona offesa.
2. La personalità dell’imputato: gli innumerevoli precedenti penali sono stati ritenuti indicativi di una “spiccata capacità a delinquere”.
Questa motivazione, anche se sintetica, è stata giudicata sufficiente e logica dalla Cassazione, rendendo la doglianza sul punto un tentativo di ottenere un nuovo, e non consentito, giudizio di fatto.
Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza
L’ordinanza in commento offre una lezione cruciale per chiunque si approcci al giudizio di cassazione. Non basta avere ragione nel merito; è indispensabile saper articolare le proprie ragioni in un atto che rispetti i rigidi canoni procedurali. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma anche un aggravio di costi per l’imputato. La decisione sottolinea che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, ogni ricorso deve essere chirurgico, mirato a colpire vizi di legittimità specifici della sentenza impugnata, e non può mai risolversi in una sterile lamentela.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché è stato proposto per motivi generici e privi di una necessaria analisi critica delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, violando così i requisiti dell’art. 606, comma 3, c.p.p.
Il giudice di merito deve spiegare analiticamente come ha bilanciato le circostanze aggravanti e attenuanti?
No. Secondo la Corte, il giudizio di comparazione tra le circostanze è un potere riservato al giudice di merito e la motivazione è considerata adeguata anche se si basa solo su alcuni dei parametri dell’art. 133 del codice penale, senza che sia necessaria un’analitica esposizione di tutti i criteri di valutazione adoperati.
Quali elementi ha considerato il giudice di merito per negare la prevalenza delle attenuanti generiche?
Il giudice ha valorizzato la gravità del reato (considerando il valore significativo dei gioielli sottratti e mai restituiti) e gli innumerevoli precedenti penali del ricorrente, ritenuti indicativi di una sua spiccata capacità a delinquere.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46150 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN GAVINO MONREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che la difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quell del Tribunale di quella città di condanna del predetto per furto in abitazione aggravato (in Villacidro, il 4/2/2017), con le generiche equivalenti alle contestate aggravanti;
ritenuto che il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., perch proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sùi motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che, in particolare, quanto al giudizio di comparazione tra le circostanze del reato, ai sensi dell’art. 69, cod. pen., è principio consolidato che esso costituisce esercizio del poter valutativo riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838-02; sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019, dep. 2020, Defilippi, Rv. 279181-02), avendo i giudici nella specie valorizzato la gravità de reato, neppure essendo stati restituiti i gioielli di valore significativo sottratti dall’ab della persona offesa e gli innumerevoli precedenti penali, ritenuti indicativi di una spicca capacità a delinquere del COGNOME;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila e in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost., n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 7 novembre 2024