Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13792 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13792 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME nato il 21/08/1993 in ROMANIA avverso l’ordinanza in data 30/09/2024 del TRIBUNALE DI BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota fatta pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di NOMECOGNOME ha replicato alla requisitoria del pubblico ministero e ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1 bis e ss. C.p.p.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 30/09/2024 del Tribunale di Bari che -in accoglimento dell’appello del pubblico ministero avverso l’ordinanza in data 07/09/2023 del G.i.p. del Tribunale di Bari- ha disposto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di tentativo di estorsione aggravata e lesioni aggravate.
Deduce:
1.1. Violazione di legge per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
Secondo il ricorrente mancano i gravi indizi di colpevolezza per l’incoerenza della versione offerta dalla persona offesa, per l’assenza di riscontri oggettivi e per le contraddizioni presenti nel racconto della persona offesa.
1.2. Violazione di legge per l’errata valutazione delle esigenze cautelari.
In questo caso si deduce che il tribunale ha ritenuto le esigenze cautelari in maniera generica e astratta, senza fornire una motivazione concreta e attuale, mancando elementi dimostrativi del pericolo di fuga, del pericolo di reiterazione del reato e del pericolo di inquinamento probatorio.
1.3. Vizio di motivazione in ordine alla proporzionalità della misura.
Secondo il ricorrente la misura cautelare è sproporzionata rispetto alle condizioni economiche svantaggiate, senza precedenti e accusato di un fatto che si colloca in una dinamica di reazione a una molestia sessuale.
Lamenta la mancata considerazione della possibilità di applicare misure meno afflittive.
1.4. Vizio di motivazione in punto di attualità delle esigenze cautelari.
A tale riguardo sostiene che l’episodio risale e diversi mesi, che non vi sono elementi che dimostrino una persistente pericolosità, che la prossimità dell’udienza preliminare e la volontà di accedere al rito abbreviato dimostrano l’assenza di rischi attuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché aspecifico e perché propone questioni di merito non consentite in sede di legittimità.
1.1. Va premesso che il vizio di aspecificità si configura non solo nel caso della indeterminatezza e genericità, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268823;
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Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
In tal senso, il ricorso si risolvein una sequela di enunciati apodittici, assertivi e privi di collegamento con il provvedimento impugnato, per come emerge dal rilevare che viene denunciata la mancanza di elementi significativi del pericolo di fuga e del pericolo di inquinamento probatorio, a fronte di una misura cautelare che si fonda soltanto sul pericolo di reiterazione.
Il tutto a fronte di un provvedimento che contiene la compiuta esposizione delle ragioni che hanno fatto ritenere ai giudici la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (sulla base delle dichiarazioni della persona offesa riscontrate dagli elementi di fatto descritti nelle annotazioni della polizia giudiziaria) e di esigenze cautelari (sulla base del profilo personalistico dell’indagato così come emersa dalle modalità del fatto), con motivazione adeguata, logica e non contraddittoria.
I giudici, inoltre, non hanno trascurato di evidenziare le ragioni per cui non hanno condiviso le conclusioni raggiunte dal g.i.p., osservando che i molteplici elementi di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa escludevano i profili di contraddittorietà ritenuti da quel giudice.
1.2. A fronte di ciò, le argomentazioni prospettate dal ricorrente -nella loro genericità e assertività- si risolvono in unp n valutazione delle risultanze processuali alternativa a quella ritenuta daegiudiad-i-mto e, in quanto tale, non è scrutinabile in sede di legittimità, atteso che, in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Va dato mandato alla Cancelleria per provvedere agli incombenti previsti dall’art. 28 del regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale, in
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quanto alla presente decisione consegue l’esecuzione del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg.esec.
cod.proc.pen..
Così deciso il 04/02/2025