Ricorso inammissibile: perché la Cassazione può respingere un appello
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, si spera di ottenere una revisione favorevole di una sentenza. Tuttavia, non tutti i ricorsi vengono esaminati nel merito. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, illustrando le ragioni per cui la Suprema Corte può rigettare un’istanza senza entrare nel vivo della questione. Questo caso evidenzia come i precedenti penali e la condotta dell’imputato possano precludere l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto e la sospensione della pena.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine con la condanna di un individuo da parte del Tribunale di primo grado alla pena di 4 mesi di reclusione e 800 euro di multa. In seguito, la Corte d’Appello, pur confermando la colpevolezza, riformava parzialmente la sentenza, riducendo la pena a 2 mesi e 20 giorni di reclusione e 533 euro di multa.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. La mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che prevede la non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
2. Il diniego della sospensione condizionale della pena.
L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non concedergli questi benefici.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha ritenuti entrambi manifestamente infondati. Di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo rende definitiva la condanna stabilita dalla Corte d’Appello, ma comporta anche conseguenze economiche significative per il ricorrente.
Le Motivazioni: Analisi di un ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha fornito una spiegazione dettagliata e logica per la sua decisione, analizzando separatamente i due motivi di ricorso.
Sulla non applicabilità dell’art. 131-bis c.p.
Il primo motivo è stato considerato infondato perché la Corte territoriale aveva correttamente escluso la particolare tenuità del fatto. L’elemento decisivo è stata una circostanza specifica: il reato in questione era stato commesso a breve distanza temporale dalla conclusione di un periodo di ‘messa alla prova’ (ex art. 464-bis c.p.p.) disposto per un reato analogo. Secondo i giudici, questo dimostrava una tendenza a delinquere e un comportamento non occasionale, elementi che sono incompatibili con il presupposto della ‘tenuità’ richiesto dalla norma. In sostanza, la vicinanza tra i due episodi criminali negava la possibilità di considerare il secondo fatto come un episodio isolato e di minima gravità.
Sul diniego della sospensione condizionale della pena
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato il rifiuto di concedere la sospensione condizionale della pena basandosi sui precedenti penali che gravavano sull’imputato. La presenza di un passato criminale è infatti un elemento che il giudice deve valutare per formulare un giudizio prognostico sulla futura condotta del reo. In questo caso, i precedenti sono stati ritenuti un indicatore negativo, tale da non giustificare la concessione del beneficio.
Le Conclusioni: Conseguenze pratiche della pronuncia
La declaratoria di inammissibilità ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato che tale sanzione economica è giustificata quando la parte propone un ricorso senza che vi siano elementi per ritenere che l’inammissibilità sia dovuta a una causa non colpevole. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente in sede di legittimità, deve essere esercitato con responsabilità. Un ricorso inammissibile, perché palesemente infondato, non solo non porta al risultato sperato, ma si traduce in un ulteriore onere economico per chi lo propone.
Perché è stata negata l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.)?
La richiesta è stata respinta perché il reato contestato era stato commesso a poca distanza di tempo dalla conclusione di una messa alla prova per un reato simile. Ciò ha indicato, secondo la Corte, un comportamento non occasionale e quindi incompatibile con il beneficio.
Per quale motivo non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale della pena non è stata concessa a causa dei precedenti penali gravanti sull’imputato, che la Corte ha ritenuto sufficienti per giustificare un giudizio prognostico negativo sulla sua futura condotta.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5886 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5886 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 05/07/1997
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 20 giugno 2024 la Corte di appello dì Genova riformava parzialmente la precedente sentenza del 12 luglio 2021 con cui il Tribunale di Genova aveva condannato NOME COGNOME in concorso con altri, alla pena di mesi 4 di reclusione ed C 800,00 di multa, rideterminando la pena inflitta in complessivi mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed C 533,00 di multa avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso pér cassazione il prevenuto articolando i motivi di impugnazione di seguito sintetizzati;
che con il primo motivo di impugnazione il ricorrente eccepiva il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla mancata applicazione dell’invocato art. 131-bis cod. pen.;
che con il secondo motivo eccepiva il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo risulta manifestamente infondato atteso che la Corte territoriale ha correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. dando rilievo alla circostanza che il reato contestato è stato compiuto a poca distanza del termine della messa alla prova disposta nei confronti del prevenuto ai sensi dell’art. 464-bis cod. proc. pen. per reato analogo;
che il secondo motivo risulta manifestamente infondato in quanto la Corte genovese ha adeguatamente argomentato circa la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena dando rilievo ai precedenti gravanti sul Mbye;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024
Il Consigliereiest NOME
il Presidente