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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

Un soggetto condannato per spaccio di stupefacenti presenta ricorso in Cassazione, che viene però dichiarato inammissibile. L’ordinanza analizza i motivi di tale decisione, evidenziando come un ricorso inammissibile sia quello generico, ripetitivo o che miri a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte conferma la condanna e sanziona il ricorrente per aver adito la giustizia senza fondate ragioni.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i requisiti

Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli ostacoli più comuni nel percorso verso l’ultimo grado di giudizio. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che portano a questa declaratoria, offrendo spunti cruciali per chiunque si appresti a impugnare una sentenza penale. Questo caso specifico, relativo a una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti, illustra perfettamente quali errori evitare per non vedersi chiudere le porte della Suprema Corte.

I Fatti del Caso e la Sentenza d’Appello

Il ricorrente era stato condannato in via definitiva a una pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa di 18.000 euro, per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. La Corte d’Appello aveva confermato la sua colpevolezza basandosi su un solido quadro probatorio, che includeva attività di appostamento, sequestri a carico di acquirenti, informazioni testimoniali e risultanze di intercettazioni e pedinamenti satellitari. Da queste prove emergeva una capillare e continuativa attività di cessione di stupefacenti.

L’Impugnazione in Cassazione e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre principali motivi di doglianza:

1. Violazione delle norme sulla prova (art. 273 c.p.p.): Una contestazione generica sulla valutazione del materiale probatorio.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.): Il ricorrente lamentava che il giudice non avesse adeguatamente motivato il diniego delle circostanze attenuanti.
3. Errata determinazione della pena (art. 81 c.p.): Si contestava l’assenza di una motivazione specifica sui passaggi che avevano portato alla quantificazione della sanzione.

Le ragioni del rigetto e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha giudicato il ricorso inammissibile nella sua interezza, fornendo una chiara lezione sui limiti del giudizio di legittimità. I giudici hanno sottolineato che il ricorso era generico e mirava a una rivalutazione dei fatti, un’operazione preclusa alla Suprema Corte, che può giudicare solo sulla corretta applicazione del diritto (‘errori di diritto’) e non sul merito delle prove (‘errori di fatto’).

le motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In primo luogo, ha evidenziato come il primo motivo fosse una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza impugnata. Le prove, secondo i giudici, dimostravano ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ l’attività di spaccio.

In secondo luogo, riguardo alle attenuanti generiche, la Cassazione ha affermato che il ricorrente non si era confrontato con la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente giustificato il diniego sulla base della ‘mancanza di elementi positivi di giudizio’.

Infine, sul terzo motivo, la Corte ha richiamato un principio consolidato: non è necessaria una motivazione dettagliata sulla pena quando questa viene fissata al di sotto della ‘media edittale’. I giudici hanno anche precisato il corretto metodo di calcolo di tale media, chiarendo che non si ottiene semplicemente dimezzando il massimo della pena, ma calcolando il punto intermedio tra il minimo e il massimo edittale.

le conclusioni

La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche significative per il ricorrente. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è inammissibile per colpa del proponente, quest’ultimo viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata equitativamente fissata in 3.000,00 euro. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere tecnicamente impeccabile, specifico e focalizzato esclusivamente su questioni di diritto, altrimenti il rischio di una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche, è estremamente concreto.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando è generico, non critica in modo specifico la sentenza impugnata, si limita a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi precedenti, o tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che non è permessa alla Corte di Cassazione.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la determinazione della pena?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte, una motivazione specifica e dettagliata sulla quantificazione della pena non è richiesta quando la sanzione irrogata è inferiore alla ‘media edittale’, ovvero il punto intermedio tra la pena minima e massima prevista per quel reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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