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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri di ammissibilità del ricorso, dichiarando un ricorso inammissibile in materia di tentato furto aggravato. La Corte sottolinea che i motivi non possono essere una mera riproduzione di censure già esaminate, ma devono contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. A causa della genericità e della mancanza di confronto con la motivazione del giudice di merito, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione ribadisce i requisiti di specificità

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione tecnica e una precisione argomentativa che non lasciano spazio a generalizzazioni. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: i motivi di impugnazione non possono limitarsi a riproporre le stesse doglianze già respinte nei gradi di merito, ma devono confrontarsi criticamente e specificamente con le ragioni della decisione impugnata. Questo caso offre un’importante lezione sulla differenza tra un’efficace difesa tecnica e una contestazione generica destinata al fallimento.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per i reati di tentato furto aggravato (artt. 56, 624, 625 n. 2 c.p.). L’imputato, dopo la sentenza della Corte d’Appello che aveva già ricalcolato la pena in senso più favorevole, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava un presunto vizio motivazionale relativo alla quantificazione della pena, ritenuta eccessiva dalla difesa.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già operato una valutazione ponderata, arrivando a disapplicare la recidiva e a riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Nonostante ciò, il ricorrente insisteva nel contestare la congruità della sanzione inflitta, portando la questione all’attenzione dei giudici di legittimità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso proposto inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei motivi presentati, giudicati non conformi ai requisiti richiesti dalla legge per l’accesso al giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità senza che si ravvisi un’assenza di colpa.

Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile

La Corte ha articolato le ragioni dell’inammissibilità su più punti, tutti riconducibili alla mancanza di specificità e di novità critica dei motivi di ricorso. In primo luogo, i motivi sono stati definiti ‘riproduttivi’, ovvero una mera ripetizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito con argomentazioni giuridiche corrette. La Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, e non può riesaminare questioni già risolte senza che vengano evidenziati specifici errori di diritto.

In secondo luogo, il ricorso mancava di una ‘critica analisi’ delle argomentazioni della sentenza impugnata. Non è sufficiente lamentare un’ingiustizia; è necessario smontare pezzo per pezzo il ragionamento del giudice d’appello, evidenziandone le fallacie logiche o le errate applicazioni di norme giuridiche. Nel caso di specie, il ricorrente non si è confrontato adeguatamente con la motivazione della Corte territoriale, che i giudici di legittimità hanno invece ritenuto ‘logica, congrua e corretta’.

Infine, la Corte ha citato la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. Galtelli, 2017) per ricordare che i motivi di appello – e, a maggior ragione, di ricorso per cassazione – devono contenere una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto e dei riferimenti pertinenti che giustificano l’impugnazione. Il ricorso in esame era privo di tali elementi essenziali, limitandosi a una generica contestazione del trattamento sanzionatorio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito per la prassi forense. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche significative per l’assistito. La decisione sottolinea che l’appello alla Corte di Cassazione deve essere un atto di alta tecnica giuridica, focalizzato sulla denuncia di vizi di legittimità e non sulla riproposizione di valutazioni di merito. La difesa deve dimostrare, in modo specifico e argomentato, dove e perché il giudice precedente ha sbagliato nell’applicare la legge, pena l’immediata chiusura del processo con una declaratoria di inammissibilità.

Perché un ricorso alla Corte di Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, si limitano a ripetere questioni già decise nei gradi precedenti senza una critica specifica della sentenza impugnata, oppure mancano dei requisiti formali richiesti dalla legge, come la puntuale indicazione delle ragioni di diritto.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono ‘riproduttivi’?
Significa che i motivi si limitano a copiare o ripetere le stesse argomentazioni e censure già presentate e respinte dal giudice del grado inferiore, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza che si sta impugnando e senza introdurre nuovi profili di illegittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa da parte del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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