Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39371 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Bologna, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, avente a oggetto cocaina.
È stato proposto ricorso per l’imputata che deduce il vizio cumulativo di motivazione in merito all’apparato argomentativo sotteso all’accertata responsabilità dell’imputata anche con riferimento alla detenzione della cocaina (suddivisa in diversi involucri) rinvenuta all’interno del garage di pertinenza dell’abitazione della sorella, presso la quale era temporaneamente ospitata, e non solo della cocaina (circa 5,3 g, suddivisi in nove involucri) rinvenuta dietro la testata del letto della detta abitazione, l’unica con riferimento alla quale NOME si è dichiarata responsabile. La Corte territoriale non si sarebbe confrontata con le circostanze per cui l’abitazione fosse locata solo dalla sorella dell’imputata (luogo di residenza solo della conduttrice), presso la quale NOME era mera ospite occasionale, con sostanziale violazione anche dell’art. 533 cod. proc. pen. Non sarebbero state vagliate le ricostruzioni alternative prospettate dalla difesa, per le quali, in assenza di accertamenti in merito alla riconducibilità del minor quantitativo rinvenuto nella camera da letto al maggior quantitativo rinvenuto nel garage, i nove involucri sarebbero stati consegnati all’imputata dalla sorella per lo spaccio oppure acquistati direttamente dalla prevenuta (inconsapevole della presenza della sostanza nel garage).
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
3.1. In primo luogo, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (emergenti dalla sentenza impugnata), il ricorso è fondato esclusivamente su un motivo che si risolve nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale (pag. 2 e s.), dovendosi quindi lo stesso considerare non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
3.2. A quanto innanzi deve altresì aggiungersi il mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla decisione (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 244584 – 01). Orbene, la Corte territoriale è lungi dal non aver considerato le circostanze valorizzate dalla difesa e le relative ipotesi ricostruttive e, con motivazione insindacabile in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica, ha valorizzato, al fine di ritenere accertata la codetenzione da parte dell’imputata di tutta la cocaina rinvenuta, non solo la presenza dell’imputata presso l’abitazione in termini non occasionali, risultando un solo biglietto d’arrivo nel relativo luogo e la presenza da almeno quattro giorni, con conseguente ritenuta inattendibilità delle contrarie dichiarazioni acquisite, ma anche gli esiti degli accertamenti tecnici sulla sostanza sequestrata. La cocaina rinvenuta nella stanza da letto è stata difatti ritenuta perfettamente confondibile con quella rinvenuta nel garage, quanto a tipologia, composizione organica, principio attivo oltre che a modalità di confezionamento e materiale utilizzato per esso.
3.3. La censura è altresì inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente motivi diversi da quelli prospettabili in sede di
legittimità. Trattasi di mere doglianze in fatto, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie in assenza delle quali, a dire del ricorrente, sarebbe stata accertata una detenzione da parte della prevenuta del solo stupefacente rinvenuto nella stanza da letto; sicché, a dire della ricorrente, i nove involucri sarebbero stati consegnati all’imputata, non consapevole della presenza dell’ulteriore cocaina all’interno del garage, dalla sorella per lo spaccio oppure acquistati direttamente dalla prevenuta (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione). A fronte dell’innanzi evidenziata ricostruzione dei giudici di merito, il ricorrente si limit difatti a prospettare proprie ricostruzioni alternativa, peraltro in termini ipoteti e alternativi.
3.4. Tale profilo di censura, comunque, come detto, prospettato in termini meramente ipotetici e alternativi nonché fondato su una parcellizzazione dell’apparato motivazionale sotteso alla decisione impugnata, dimentica peraltro che la regola di giudizio compendiata nella formula «al di là di ogni ragionevole dubbio» (art. 533, comma 1, cod. proc. pen.) rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione, differentemente da quanto avvenuto nella specie, si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non avendo la Suprema Corte alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (ex plrimis: Sez. 7, n. 47598 del 09/11/2022, COGNOME; Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108-01, nonché, con particolare riferimento ai limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti, Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280245-01). In sede di legittimità, poi, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di un’ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento a elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (ex plurimis: Sez. 7, n. 47598 del 09/11/2022, COGNOME, Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equa di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.