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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione. La decisione si fonda sulla natura reiterativa e manifestamente infondata dei motivi proposti, i quali miravano a una non consentita rivalutazione dei fatti di merito, compito che non spetta alla Corte di legittimità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti del giudizio di legittimità

L’Ordinanza n. 43598/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in sede di legittimità. Affrontando un caso di ricettazione, la Suprema Corte ha ribadito con fermezza il proprio ruolo di giudice della legge, e non del fatto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove o una ricostruzione alternativa dei fatti già esaminati dai giudici di merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva confermato una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato diverse questioni, contestando sia la sussistenza del reato presupposto sia gli elementi costitutivi della ricettazione. Inoltre, ha eccepito la violazione di legge e vizi di motivazione, sostenendo in sostanza che i giudici di merito avessero valutato erroneamente le prove a disposizione.

I motivi del Ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso qualificandolo come totalmente reiterativo e manifestamente infondato. I giudici hanno evidenziato come le argomentazioni difensive non fossero altro che un tentativo di rimettere in discussione l’analisi del materiale probatorio, un’attività preclusa in sede di legittimità.

La natura generica e reiterativa delle doglianze

Il primo punto critico evidenziato dalla Corte è la mancanza di specificità dei motivi. Le doglianze difensive non individuavano vizi di legittimità concreti (come l’errata applicazione di una norma di legge o una palese illogicità della motivazione), ma si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito. Questo comportamento processuale trasforma il ricorso in uno strumento meramente dilatorio, privo dei requisiti minimi per essere esaminato.

Il divieto di una nuova valutazione del merito

La Suprema Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di condurre una terza valutazione dei fatti. Tutte le critiche relative alla persuasività, all’adeguatezza o alla puntualità della valutazione delle prove da parte dei giudici di merito sono inammissibili. Non è consentito sollecitare una diversa comparazione dei significati probatori o evidenziare ragioni di fatto per giungere a conclusioni differenti. Tali attività costituiscono un’interferenza non permessa con la valutazione riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha basato la propria decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Citando numerose sentenze precedenti, ha spiegato che il sindacato di legittimità è circoscritto al controllo della corretta applicazione delle norme giuridiche e alla verifica della coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano, secondo la Cassazione, ampiamente e correttamente esplicitato, con argomenti logici e giuridici ineccepibili, le ragioni del loro convincimento. Di conseguenza, le censure del ricorrente, essendo volte a una rivalutazione del fatto e non a denunciare un vizio di legittimità, sono state giudicate manifestamente infondate.

Le conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Tale pronuncia comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non può essere una mera riproposizione di argomenti fattuali già vagliati. La distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità rimane un cardine invalicabile del nostro sistema processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano privi di concreta specificità, reiterativi di argomenti già esaminati e manifestamente infondati. Essi, inoltre, tendevano a sollecitare una nuova valutazione delle prove e una ricostruzione alternativa dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare nel merito della valutazione delle prove o della ricostruzione dei fatti, che sono riservate ai giudici dei gradi precedenti.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a titolo sanzionatorio in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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