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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile di un imputato condannato per tentato furto. I motivi del ricorso, riguardanti la querela, l’art. 131 bis c.p. e le attenuanti, sono stati giudicati una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato generico e inammissibile.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: perché la Cassazione respinge i motivi generici

Presentare un ricorso inammissibile in Cassazione può avere conseguenze significative, non solo processuali ma anche economiche. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la ripetitività dei motivi di impugnazione portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme il caso per comprendere i principi applicati e le lezioni pratiche da trarne.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Non rassegnato alla doppia condanna, l’imputato decideva di proporre ricorso per cassazione, affidando le sue speranze all’ultimo grado di giudizio.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha basato la sua impugnazione su tre distinti motivi, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza:

1. Violazione di legge: Sosteneva l’insussistenza di una valida querela, atto necessario per la procedibilità di alcuni reati.
2. Vizio di motivazione: Lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.
3. Vizio di motivazione: Contestava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

Ricorso Inammissibile: Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi di fondamentale importanza nel diritto processuale penale.

### La Genericità e la Ripetitività dei Motivi

Il primo punto cruciale evidenziato dai giudici è che i motivi del ricorso erano una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorrente, secondo la Cassazione, non si è confrontato criticamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si è limitato a reiterare le sue lamentele. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione del giudice precedente, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici. In assenza di questo confronto critico, i motivi sono considerati non specifici, ma solo apparenti, e quindi inammissibili.

### Il Divieto di Rivalutazione del Merito

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che le censure sollevate, in particolare quelle relative al trattamento sanzionatorio, miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda. Tuttavia, il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma può solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e coerente. Richiedere una diversa valutazione del merito è un’operazione non consentita in questa sede.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con una condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è la conseguenza diretta della colpa del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità. La Corte Costituzionale ha infatti chiarito che, quando l’inammissibilità è evidente, si presume la colpa di chi ha proposto l’impugnazione.

Questo caso serve da monito: un ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sul fatto. Deve essere un atto tecnicamente rigoroso, fondato su critiche puntuali e specifiche alla sentenza impugnata, evitando di riproporre sterilmente le stesse difese e di sollecitare una rivalutazione dei fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio. In caso contrario, il risultato sarà un ricorso inammissibile, con l’aggiunta di una condanna economica per il ricorrente.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, si limitano a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi precedenti senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, oppure quando richiedono una nuova valutazione dei fatti, non consentita nel giudizio di legittimità.

Cosa significa che i motivi del ricorso devono essere ‘specifici’?
Significa che il ricorrente deve formulare una critica argomentata e puntuale contro la decisione del giudice d’appello, evidenziando in modo preciso dove e perché la sentenza sarebbe errata nell’applicazione della legge o viziata nel suo percorso logico-motivazionale. Non basta riproporre le stesse doglianze.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre alla conferma della condanna, chi presenta un ricorso inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questo avviene perché l’evidente infondatezza o genericità dei motivi viene interpretata come una colpa da parte del ricorrente nel promuovere l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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