Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso di Furto Aggravato
La Corte di Cassazione rappresenta il vertice della giurisdizione e il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove riesaminare i fatti, ma di garante della corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza chiarisce nuovamente i limiti di questo strumento, dichiarando un ricorso inammissibile perché generico e volto a un non consentito riesame del merito. Questo caso offre spunti preziosi per comprendere quando un appello alla Suprema Corte è destinato a fallire.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per furto in abitazione, aggravato dall’uso di mezzi fraudolenti e da altre circostanze, emessa prima dal tribunale e poi confermata dalla Corte d’Appello di Trieste. L’imputato, ritenuto responsabile del reato commesso nel 2015, decideva di contestare la sua colpevolezza presentando, tramite il suo difensore, un ricorso alla Corte di Cassazione, basato su un unico motivo di impugnazione.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 14195/2024, ha troncato sul nascere le speranze dell’imputato, dichiarando il suo ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali della procedura penale che regolano l’accesso al giudizio di legittimità.
La Genericità del Motivo di Ricorso
Il primo punto critico evidenziato dai giudici è la genericità del motivo presentato. Il ricorso, infatti, non faceva altro che riproporre le stesse argomentazioni già sollevate nel giudizio di appello. La Corte d’Appello aveva già esaminato in modo approfondito e congruo tali rilievi, spiegando dettagliatamente (nelle pagine 7 e 8 della sentenza) come l’insieme degli indizi raccolti portasse inequivocabilmente a identificare l’imputato come l’autore del reato. Ripetere le stesse doglianze senza contestare specifici vizi logici o giuridici della sentenza d’appello rende il ricorso meramente riproduttivo e, quindi, inammissibile.
Il Divieto di Rivalutazione del Merito
Il secondo e cruciale aspetto riguarda la natura del giudizio di Cassazione. Il ricorso presentato chiedeva, di fatto, alla Suprema Corte di effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove. L’imputato, contrapponendo la propria interpretazione dei fatti a quella dei giudici di merito, sollecitava una scelta tra diverse possibili letture del materiale probatorio. Questa operazione, tuttavia, è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello, logicamente motivato, dei giudici di primo e secondo grado. Un ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi specifici, come un’errata interpretazione della legge o un’illogicità manifesta della motivazione, e non se si limita a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono chiare e didattiche. Il ricorso è stato considerato generico perché si limitava a ripetere le argomentazioni già adeguatamente vagliate e respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una spiegazione logica e coerente del perché gli elementi indiziari raccolti fossero sufficienti a provare la colpevolezza dell’imputato. Inoltre, il tentativo di contrapporre un ‘alternativo apprezzamento delle prove’ alla valutazione dei giudici di merito è un’operazione non consentita in Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte è di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non di riesaminare le prove come se fosse un terzo grado di giudizio sui fatti. L’assenza di contestazioni su specifici e decisivi fraintendimenti delle prove ha quindi condotto inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti di una causa. Per avere successo, un ricorso deve essere tecnico e mirato, individuando con precisione errori di diritto o vizi logici macroscopici nella decisione impugnata. Proporre motivi generici o tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove si traduce non solo in un ricorso inammissibile, ma anche nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come in questo caso, quantificata in 3.000 euro. È un monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte: l’impugnazione deve essere fondata su solidi argomenti giuridici, non su una semplice insoddisfazione per l’esito dei precedenti gradi di giudizio.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era generico, ovvero si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, e perché chiedeva una nuova valutazione delle prove, attività che non è permessa nel giudizio di Cassazione.
Cosa non si può chiedere alla Corte di Cassazione?
Non si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti del processo o di fornire una diversa interpretazione delle prove rispetto a quella data dai giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza, non di giudicare nuovamente sul merito della vicenda.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000,00 Euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14195 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14195 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per il delitto di cui agli artt. 624-bis, commi 2 e 3, 625, comma 1, n. 5 e 61 nn. 5 e 7 cod. pen. (fatto commesso in Portogruaro il 31 marzo 2015);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, che censura l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli, è generico perché meramente riproduttivo dei rilievi di gravame, già adeguatamente vagliati e correttamente disattesi nella sentenza impugnata (cfr., in particolare, pagg. 7 e 8, in cui la Corte territoriale ha congruamente dato conto di come il complesso degli elementi indiziari raccolti deponesse univocamente per la riconducibilità all’imputato del fatto ascrittogli), e, comunque, non consentito in questa sede, in quanto affidato a doglianze con le quali, contrapponendosi un alternativo apprezzamento delle prove alla valutazione operatane dai giudici di merito nelle loro conformi decisioni, si richiede a questa Corte di prendere posizione tra le diverse letture del fatto, mediante la diretta esibizione di elementi che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errato loro apprezzamento: operazione, invece, quivi preclusa, in assenza di allegazione di specifici, inopinabili, e decisivi loro fraintendimenti;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente