Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Reiterazione dei Motivi d’Appello
Quando si impugna una sentenza, è fondamentale presentare argomentazioni nuove e specifiche. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una strategia difensiva che si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte nei gradi di giudizio precedenti. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, spiegando perché la mera reiterazione dei motivi d’appello non è sufficiente per ottenere una revisione della decisione.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine da una condanna per il reato di truffa, previsto dall’art. 640 del codice penale. L’imputata, dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su quattro motivi principali:
1. Errata valutazione della prova: La difesa sosteneva che l’utenza telefonica usata per la truffa non fosse intestata all’imputata.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si chiedeva il proscioglimento per la particolare tenuità del fatto.
3. Mancata sostituzione della pena detentiva: Si contestava il rifiuto di convertire la pena detentiva in lavori di pubblica utilità.
4. Errata applicazione della recidiva: Si contestava il riconoscimento dell’aggravante della recidiva.
La Corte d’Appello aveva già rigettato tutte queste argomentazioni, ma la difesa le ha riproposte identiche dinanzi alla Suprema Corte.
L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con un’analisi puntuale, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.
La Reiterazione dei Motivi: Un Errore Procedurale Fatale
Il primo e il secondo motivo sono stati giudicati inammissibili perché costituivano una “pedissequa reiterazione” di quanto già dedotto e respinto in appello. La Corte ha chiarito che un ricorso è valido solo se contiene una critica argomentata e specifica alla motivazione della sentenza impugnata. Riproporre le stesse tesi senza spiegare perché la Corte d’Appello avrebbe sbagliato nel respingerle rende il motivo d’appello non specifico e, quindi, apparente.
Nel merito, i giudici hanno ribadito che la titolarità del conto postale su cui era confluito il prezzo della truffa era una prova schiacciante, rendendo irrilevante a chi fosse intestato il telefono. Inoltre, l’ipotesi che un ignoto “malfattore” avesse lasciato il denaro sul conto dell’imputata per beneficenza è stata ritenuta palesemente inverosimile.
L’Abitualità della Condotta e il Ruolo della Recidiva
Anche gli altri due motivi sono stati respinti. La richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità) è stata negata a causa della “condotta abituale” dell’imputata, che esclude a priori tale beneficio. La Corte ha evidenziato come le precedenti condanne e il nuovo episodio delittuoso dimostrassero una “conclamata proclività a delinquere”, giustificando pienamente anche il riconoscimento della recidiva ai sensi dell’art. 133 c.p.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel concetto di specificità dei motivi di ricorso. La Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta se il giudice precedente abbia commesso errori di diritto o abbia fornito una motivazione illogica o contraddittoria. Un ricorso che si limita a riproporre le stesse questioni di fatto, senza attaccare il ragionamento giuridico della sentenza d’appello, non assolve alla sua funzione. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato solo “apparente”, privo di un reale contenuto critico e quindi dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce una lezione fondamentale per chiunque affronti un processo penale: il ricorso per Cassazione richiede un approccio tecnico e rigoroso. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione precedente; è necessario dimostrare, con argomenti giuridici precisi, dove e perché quella decisione sia sbagliata. La mancata osservanza di questo principio non solo porta a un ricorso inammissibile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, aggravando ulteriormente la posizione del ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a ripetere (pedissequa reiterazione) i motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la logica giuridica della sentenza impugnata.
Perché la condotta abituale impedisce l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica quando il comportamento dell’imputato è abituale, poiché la ripetizione di reati indica una tendenza a delinquere che è incompatibile con la finalità del beneficio, destinato a casi di criminalità del tutto occasionale.
La titolarità di un conto corrente può essere una prova decisiva in un caso di truffa?
Sì. La Corte ha stabilito che la prova della titolarità del conto corrente sul quale è stato versato il prezzo pattuito costituisce un elemento di prova determinante per attribuire la responsabilità del reato, anche se altri elementi (come l’intestazione di un’utenza telefonica) non riconducono direttamente all’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 270 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 270 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI FONTE NOME COGNOME nato a BITONTO il 19/06/1991
avverso la sentenza del 16/02/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali si contestano la corrette della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 6 pen. e la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appe puntualmente disattesi dalla corte di merito, nella parte in cui evidenzia che: a) la circos che il telefono utilizzato per le trattative e la conclusione del contratto non fosse in all’odierna imputata non ha rilevanza in quanto risulta provata la titolarità in c quest’ultima del conto postale sul quale era stato riversato il prezzo pattuito; b affermando che l’interlocutore telefonico non fosse l’odierna imputata, tuttavia, non si ritenere che il malfattore potesse rappresentare, al contrario, un benefattore di quest’ult avendo lasciato nella sua disponibilità la somma relativa alla vendita del bene; c) trattando condotta abituale, non può essere applicato l’art. 131 bis cod. pen.;
che, per tale ragione, gli stessi devono considerarsi non specifici ma soltanto apparenti, quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che il terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta la mancata sostituzione della detentiva con il lavoro di pubblica utilità, è manifestamente infondato in presenza di motivazione a pag. 4 esente da evidenti illogicità;
che il quarto motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza della recidiva, consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in quanto il giudice di me ha esaminato in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esist il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, evidenziando una conclamata proclività a delinquere della quale l’episodio in esame costituisce l’ennesima manifestazione concreta;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 3 dicembre 2024
Il Consigliere estensore