Ricorso inammissibile: la Cassazione traccia i confini del suo giudizio
Quando un imputato decide di portare il proprio caso fino all’ultimo grado di giudizio, deve fare i conti con le rigide regole che governano l’accesso alla Corte di Cassazione. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre l’occasione per approfondire il concetto di ricorso inammissibile, spiegando perché non tutte le doglianze possono essere esaminate in questa sede. La decisione evidenzia la netta distinzione tra una critica sulla legittimità della sentenza e un tentativo, non consentito, di ottenere un terzo giudizio sui fatti.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello per il reato di truffa. L’appellante basava la sua difesa su quattro motivi principali. Con il primo, sollevava dubbi sulla reale data in cui era venuto a conoscenza della truffa. Con il secondo e il terzo motivo, contestava l’affermazione della sua responsabilità, proponendo una diversa valutazione delle prove e della loro credibilità. Infine, con il quarto motivo, lamentava la violazione del suo diritto al silenzio (jus tacendi), sostenendo che la sua condotta processuale fosse stata impropriamente utilizzata contro di lui.
L’Analisi della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati tutti manifestamente infondati, generici o non consentiti, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.
Le Valutazioni di Fatto vs. i Vizi di Legittimità
Il cuore della pronuncia risiede nella distinzione fondamentale tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. La Cassazione ha ribadito di non essere un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
I primi tre motivi del ricorrente, secondo la Corte, rientravano proprio nel tentativo di ottenere un nuovo esame del merito. Discutere della data di conoscenza della truffa o della credibilità delle prove sono “valutazioni di fatto” riservate ai giudici di primo e secondo grado. Un ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si denuncia un vizio logico palese nella motivazione della sentenza impugnata, non se ci si limita a proporre una lettura alternativa delle prove.
Il Corretto Utilizzo del “Jus Tacendi”
Anche il quarto motivo, relativo alla presunta violazione del diritto al silenzio, è stato respinto. La Corte ha chiarito che, se è vero che nessuno può essere condannato solo perché si avvale della facoltà di non rispondere, è altrettanto vero che il giudice può tenere conto della condotta processuale dell’imputato per valutare la credibilità complessiva della sua tesi difensiva. In questo caso, i giudici di merito avevano considerato la condotta dell’imputato come un elemento per valutare la sua difesa, un’operazione ritenuta del tutto corretta, senza peraltro fondare l’affermazione di responsabilità unicamente su tale aspetto.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine della procedura penale: la funzione nomofilattica della Cassazione. La Suprema Corte ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di rivedere nel dettaglio ogni singolo processo. Per questo motivo, i motivi di ricorso devono essere specifici e pertinenti. Devono indicare con precisione l’errore di diritto commesso dalla corte d’appello o l’illogicità manifesta del suo ragionamento, come previsto dall’art. 606, lett. e), del codice di procedura penale.
Nel caso specifico, i motivi sono stati giudicati come la semplice riproposizione di argomentazioni tipiche di un atto d’appello, inadatte a sostanziare un ricorso per cassazione. Di fatto, l’imputato non ha criticato la legittimità della sentenza, ma ha tentato di convincere la Corte a sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito. Tale approccio snatura la funzione della Cassazione e porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.
le conclusioni
La decisione in esame rappresenta un importante monito per chi intende presentare un ricorso per cassazione. È fondamentale comprendere che non si tratta di un’ulteriore possibilità per discutere i fatti. L’esito del processo dipende in modo cruciale dalla capacità di formulare censure che attengano esclusivamente a vizi di legittimità. Qualsiasi tentativo di trascinare la Corte su un terreno di valutazione fattuale è destinato a fallire, con la conseguenza non solo della conferma della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e del pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando solleva questioni che implicano una nuova valutazione dei fatti, ripropone le stesse argomentazioni di un appello o è formulato in modo generico, senza individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non riesamina le prove. Il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, ovvero controlla che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e coerente, senza entrare nel merito della ricostruzione dei fatti.
Il silenzio dell’imputato può essere usato contro di lui?
Sulla base di questa decisione, il diritto al silenzio (jus tacendi) è pienamente tutelato. Tuttavia, la condotta processuale dell’imputato può essere considerata dal giudice come un elemento per valutare la credibilità della sua tesi difensiva, a condizione che l’affermazione di responsabilità non si basi esclusivamente su di essa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6401 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6401 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MASSA il 28/04/1952
avverso la sentenza del 15/07/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che i quattro motivi sono manifestamente infondati, non consentiti o generici per le seguenti ragioni:
il primo, sui dubbi in ordine all’effettiva data di conoscenza dell’avvenuta truffa, involge valutazioni di fatto che non spettano a questa Corte, su cui la sentenza impugnata si è soffermata con motivazione non manifestamente illogica (pg. 4);
il secondo ed il terzo motivo, sotto diversi profili attinenti all’affermazione di responsabilità, si limitano a riproporre, in questa sede, questioni valutative delle prove o dei criteri utilizzati per commisurarne credibilità attendibilità e tenuta logica, formulando ipotesi alternative, senza attingere alla critica di legittimità richiesta dall’art. 606 lett. e, cod. proc. pen. ed in sostanza riproducendo così censure idonee a sostanziare un atto d’appello ma non un ricorso per cassazione;
il quarto, censura la violazione dello jus tacendi, omettendo di considerare che la Corte ha considerato la condotta processuale dell’imputato, al fine di trarre elementi di valutazione di credibilità della tesi difensiva (operazione del tutto corretta), senza peraltro basare su di tale valutazione l’affermazione di responsabilità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così ifieciso il 21/01/2025 Il COGNOME e COGNOME