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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo respinge

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per cessione di stupefacenti. I motivi, basati su presunti vizi di notifica, sulla scarsa quantità della sostanza e sulla richiesta di non punibilità per tenuità del fatto, sono stati respinti. La Corte ha chiarito che una successiva elezione di domicilio prevale sulla precedente e che l’abitualità nel reato, dimostrata da precedenti condanne, impedisce l’applicazione di benefici.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Lezioni dalla Cassazione su Notifiche e Abitualità del Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20336 del 2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, offrendo importanti chiarimenti su questioni procedurali e sostanziali. Il caso riguarda un individuo condannato per cessione di stupefacenti che ha tentato di invalidare la sentenza d’appello lamentando vizi di notifica e contestando la rilevanza penale della sua condotta. L’analisi della Corte fornisce una guida preziosa sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sui limiti di alcune difese legali.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e successivamente in appello per aver ceduto una quantità di hashish. La difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, basando la propria strategia su tre distinti motivi: un presunto errore procedurale nella notifica della citazione in appello, la contestazione sull’effettiva efficacia drogante della sostanza ceduta e, infine, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre pilastri principali:
1. Errore procedurale (error in procedendo): Si sosteneva la nullità della sentenza d’appello perché la citazione era stata notificata presso il difensore di fiducia e non presso l’abitazione dell’imputato, dove egli aveva inizialmente dichiarato il proprio domicilio.
2. Violazione di legge e illogicità della motivazione: Si contestava la responsabilità penale, argomentando che la quantità di sostanza, di poco superiore alla dose media singola, non fosse sufficiente a dimostrare una reale efficacia drogante.
3. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si lamentava il mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto, negato a causa di due precedenti condanne per reati specifici che, secondo la Corte, integravano l'”abitualità” della condotta, ostativa al beneficio.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.

La Correttezza della Notifica

Il primo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha avuto accesso agli atti e ha verificato che, dopo aver inizialmente dichiarato domicilio presso la propria abitazione, l’imputato aveva successivamente e validamente eletto domicilio presso il suo difensore di fiducia con un atto formale. Questa seconda manifestazione di volontà, avendo la stessa natura giuridica della precedente, l’ha sostituita a tutti gli effetti. Di conseguenza, la notifica presso l’avvocato era perfettamente regolare e il contraddittorio in appello si è instaurato correttamente.

La Rilevanza della Quantità di Sostanza

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha evidenziato come la censura fosse una mera riproposizione di argomenti già respinti in appello. Nel merito, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il reato di spaccio è configurabile anche per la cessione di dosi inferiori a quella media singola, a patto che la quantità non sia talmente minima da non poter modificare, neppure in modo trascurabile, l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore. Nel caso specifico, la sostanza era sufficiente per 1,6 dosi medie singole, una quantità ritenuta penalmente rilevante.

L’Abitualità del Reato come Ostacolo ai Benefici

Infine, la Corte ha confermato la correttezza della decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. La presenza di due precedenti condanne per reati in materia di stupefacenti integra la causa ostativa dell’abitualità, che impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. A tal fine, è irrilevante l’entità delle pene inflitte in passato; ciò che conta è l’esistenza stessa dei precedenti specifici. Anche la richiesta di attenuanti generiche è stata correttamente respinta, valorizzando in senso negativo la condotta di vita dell’imputato, già più volte condannato per reati gravi.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi procedurali e sostanziali ben radicati. Dal punto di vista procedurale, viene riaffermata la prevalenza della elezione di domicilio sulla precedente dichiarazione, garantendo certezza alle notificazioni. Sul piano sostanziale, la Corte ribadisce che la valutazione sulla punibilità non può prescindere dalla storia criminale del reo. L’abitualità nel commettere illeciti specifici è un indicatore di pericolosità sociale che il legislatore ha posto come sbarramento a istituti di favore come la non punibilità per tenuità del fatto. La decisione sottolinea l’importanza di presentare ricorsi specifici, che si confrontino criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, anziché limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza consolida importanti principi. Primo, la volontà dell’imputato in merito al luogo delle notifiche, se formalizzata correttamente, è sovrana. Secondo, la lotta al traffico di stupefacenti si attua anche perseguendo cessioni di quantità non ingenti, purché dotate di un’apprezzabile efficacia drogante. Terzo, e forse più importante, i benefici di legge non sono accessibili a chi dimostra una persistenza nel crimine. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, serve da monito sulla necessità di un approccio rigoroso e tecnicamente fondato nell’impugnare le decisioni dei giudici di merito.

Una nuova elezione di domicilio sostituisce una precedente dichiarazione?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che un’elezione di domicilio, validamente effettuata presso il proprio difensore con un atto formale, sostituisce a tutti gli effetti una precedente dichiarazione di domicilio fatta presso la propria abitazione, rendendo corrette le notifiche inviate al nuovo indirizzo eletto.

La cessione di una piccola quantità di droga è sempre un reato?
Sì, a meno che la quantità non sia talmente irrisoria da essere priva di qualsiasi effetto drogante. La Corte ha stabilito che una quantità pari a 1,6 dosi medie singole è sufficiente per configurare il reato, poiché possiede l’efficacia necessaria a modificare l’assetto neuropsichico di un consumatore.

Avere precedenti penali specifici impedisce di ottenere la non punibilità per tenuità del fatto?
Sì. Secondo la sentenza, due precedenti condanne per reati della stessa indole (nello specifico, in materia di stupefacenti) configurano la condizione di ‘abitualità’ del comportamento. Questa condizione è un ostacolo legale esplicito all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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