Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VASTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME, nel senso del rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO, del foro di Cassino, in difesa di COGNOME NOME, che insiste nell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di L’Aquila, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna di NOME COGNOME per la cessione di stupefacente (di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
Avverso la sentenza, nell’interesse dell’imputato, è stato proposto ricorso fondato su tre motivi (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Con la prima doglianza si deduce l’error in procedendo, causa di nullità della sentenza, per aver la Corte territoriale notificato la citazione per giudizio d’appello all’imputato presso il difensore di fiducia, laddove, a detta del ricorrente, NOME COGNOME avrebbe dichiarato domicilio presso la propria abitazione, in sede di perquisizione eseguita il 15 maggio 2019, senza procedere a valida successiva modifica della detta dichiarazione o a elezione di domicilio presso il difensore (neanche in occasione del verbale di identificazione ed elezione di domicilio del 27 dicembre 2019). Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione per aver la Corte territoriale confermato la responsabilità dell’imputato in merito all’accertata cessione di hashish, di un quantitativo eccedente di poco la dose media singola, senza neanche dubitare, proprio in ragione del minimo superamento di cui innanzi, dell’effettiva efficacia drogante della sostanza in oggetto. Con la terza censura si deduce la violazione di legge per aver il giudice di merito ritenuto non operante l’art. 131-bis cod. pen., in ragione della condizione ostativa costituita dall’abitualità emergente da due precedenti condanne per reati in materia di stupefacenti, e insussistenti le circostanze attenuanti generiche fondando il proprio giudizio sulla sussistenza di precedenti sentenze di condanna per reati specifici e a pene elevate nonostante, per come emergerebbe dal certificato del casellario agli atti, il ridimensionamento di una delle due dette pena in sede di giudizio di rinvio da annullamento da parte della Suprema Corte. 3. Le parti hanno discusso e conclusi nei termini di cui in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo, con il quale si deduce l’error in procedendo con riferimento alla citazione in appello dell’imputato, è manifestamente infondato, essendo la regolarità del contraddittorio in secondo grado manifestamente esente dai vizi prospettati. È difatti assorbente la considerazione per la quale, per quanto risulta dagli atti, cui la Suprema Corte ha accesso in ragione della tipologia di errore dedotto, l’imputato, dopo aver dichiarato domicilio presso la propria abitazione (in sede di perquisizione eseguita il 15 maggio 2019), ha manifestato una nuova e diversa volontà, avente medesima natura giuridica della precedente alla quale si è sostituita. NOME COGNOME, difatti, con successivo
verbale redatto in seno al medesimo procedimento il 27 dicembre 2019, ha validamente eletto domicilio presso il difensore di fiducia, presso cui è stata quindi correttamente notificata la citazione in appello, il quale ha peraltro sostenuto la difesa anche innanzi al G.u.p e nel giudizio di primo grado, celebrato alla presenza del prevenuto anche ivi indicato come domiciliato presso il difensore (per la rilevanza della nuova elezione di domicilio, ritualmente effettuata e comunicata, si veda Sez. 6, n. 20384 del 21/04/2009, COGNOME, Rv., 243857, anche in motivazione; per il rilievo della nuova e diversa volontà in tema di domicilio nel procedimento penale, in quanto avente medesima identità e natura giuridica della precedente espressa volontà, si veda Sez. 6, n. 03/07/2013, COGNOME, Rv. 257740, che nell’argomentare fa esplicito riferimento anche a Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905).
Il secondo motivo presenta plurimi profili d’inammissibilità.
3.1. In primo luogo, l’inammissibilità deriva dall’assorbente considerazione per cui, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati nella parte dedicata allo «svolgimento del processo«»), la censura in esame è fondata esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (nel restante apparato motivazionale), dovendosi quindi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
3.2. Laddove le censura in oggetto lambisce l’apparato argomentativo della sentenza impugnata essa, comunque dedotta in termini meramente ipotetici e tali da non confrontarsi sostanzialmente con i principi sanciti in materia dalla Suprema Corte, è inammissibile in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584).
La Corte territoriale, difatti, si fa carico (pag. 2 della sentenza) dell deduzioni difensive e ritiene accertata la responsabilità dell’imputato in ragione del peso netto della sostanza, pari a 0,3382 gr, e dalla percentuale di principio attivo dell’11%, pari a 0,040 gr, con conseguente ricavabilità di 1,6 dosi medie singole, indicante, la detta dose media singola, la quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente (per l’idoneità della dose media singola a produrre un effetto
stupefacente, ex plurimis, Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, Restivo, Rv. 284148). Con l’apparato motivazionale di cui innanzi, sotteso alla ritenuta efficacia drogante, cioè modificativa dell’assetto neuropsichico di un utilizzatore, non si confronta il ricorrente che, invece, in termini aspecifici, prospetta la mera ipotetica inefficacia drogante nonostante il superamento, per oltre la metà, della dose media singola. Nella sua aspecificità, peraltro, la censura si mostra manifestamente infondata laddove non si confronta con i principi di diritto governanti la materia, che essa stessa sostanzialmente richiama. È difatti configurabile il reato in esame anche in relazione a fattispecie di cessione di dosi inferiori a quella media singola di cui al d.m. 11 aprile 2006, quindi in ipotesi differenti da quella di specie, con esclusione delle sole condotte afferenti a quantitativi di droga talmente minimi da non poter modificare, neppure in maniera trascurabile, l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore (ex plurimis, Sez. 6, n. 51600 del 11/12/2019, COGNOME, Rv. 277574, che argomenta anche muovendo da Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 275956).
Parimenti inammissibile è il terzo motivo per manifesta infondatezza, laddove si appunta sulla ritenuta non particolare tenuità del fatto, oltre che per aspecificità, non cogliendo la ratio sottesa alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche.
4.1 Correttamente la Corte territoriale ha accertato l’insussistenza della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., ricorrendo la causa ostativa dell’abitualità in ragione di due precedenti condanne per fatti in materia di stupefacenti, a nulla rilevando la concreta entità delle pene irrogate con le precedenti condanne, così facendo applicazione di principio di diritto costantemente ribadito dalla Suprema Corte, con il quale il ricorrente sostanzialmente non si confronta. Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità in oggetto, difatti, il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (ex plurimis, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266591, oltre che, tra le successive conformi, limitando i riferimenti a quella di più recente massinnazione ufficiale, Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347).
4.2. Il ricorrente, infine, nel censurare il giudizio in merito alle invocat circostanze attenuanti generiche, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, così finendo sostanzialmente per non sindacarla. La Corte territoriale difatti esclude la sussistenza delle dette circostanze con iter logicogiuridico che non si fonda sull’erronea percezione di una sentenza di condanna, ma, correttamente e con motivazione esente da censure in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica, sulla ritenuta insussistenza di
elementi positivamente valutabili in tal senso. In particolare, l’ammissione dell’addebito è stata considerata priva di valenza, in forza dell’evidenza e conducenza degli elementi già acquisiti, ed è stata valorizzata, in senso contrario, la condotta di vita anteatta di soggetto già condanNOME, più volte, per reati specifici a pene edittali ritenute elevate dal giudice di merito.
5. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dalla Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 aprile 2024
Il Cp COGNOME lier COGNOME sensJre COGNOME
Il Presidente