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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo respinge

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per tentato furto. La Corte ha stabilito che i motivi di appello, relativi alla recidiva, alle attenuanti generiche e all’entità della pena, erano generici e manifestamente infondati, ribadendo la necessità di critiche specifiche e non meramente ripetitive delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Regole della Cassazione su Motivi Generici

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione sulla redazione degli atti di impugnazione nel processo penale. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, chiarendo i requisiti di specificità che i motivi devono possedere per superare il vaglio di legittimità. Il caso riguardava un appello contro una condanna per tentato furto, ma i principi espressi hanno una valenza generale.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado e in appello per il reato di tentato furto (artt. 56 e 624 c.p.), ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. La mancata esclusione della recidiva.
2. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
3. L’eccessività della pena inflitta.

La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nella valutazione di questi tre aspetti fondamentali per la determinazione della sanzione finale. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto che il modo in cui tali doglianze sono state presentate non fosse idoneo a provocare una revisione della sentenza impugnata.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7774/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della validità formale e sostanziale dell’atto di impugnazione. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi dei Motivi di Ricorso

La Corte ha esaminato singolarmente ciascun motivo, evidenziandone le criticità che ne hanno determinato l’inammissibilità.

Il Primo Motivo: la Genericità sulla Recidiva

Il primo motivo, relativo alla recidiva, è stato giudicato ‘generico’. La Corte ha sottolineato che l’argomentazione si limitava a ‘mere proposizioni astratte’, senza un collegamento concreto con la vicenda processuale. Inoltre, il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e puntuale alle motivazioni della sentenza impugnata. Questo vizio rende il motivo non accoglibile in sede di legittimità.

Il Secondo Motivo: il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La difesa lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui per motivare il diniego di tale beneficio è sufficiente che il giudice di merito faccia un ‘congruo riferimento’ agli elementi ritenuti decisivi. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adempiuto a tale onere, rendendo la censura infondata.

Il Terzo Motivo e la Discrezionalità sulla Pena

Infine, la doglianza sull’eccessività della pena è stata anch’essa giudicata manifestamente infondata. La Corte ha ribadito un principio cardine: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale. In questi casi, è sufficiente il richiamo ai criteri generali dell’art. 133 c.p., o l’uso di espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, per considerare la decisione adeguatamente motivata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce l’importanza di redigere ricorsi per cassazione che siano specifici, pertinenti e critici nei confronti della sentenza impugnata. Non è sufficiente riproporre le medesime argomentazioni dei gradi precedenti o formulare censure astratte. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale costruire un’argomentazione che dialoghi direttamente con la motivazione della decisione che si intende contestare, evidenziandone le specifiche lacune o i vizi logico-giuridici. La discrezionalità del giudice di merito sulla determinazione della pena, se esercitata entro i limiti edittali e con un minimo di giustificazione, è difficilmente censurabile in sede di legittimità.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, ossia si limitano a proposizioni astratte senza un riferimento specifico al caso, oppure quando sono manifestamente infondati, cioè si pongono in contrasto con principi di diritto consolidati. Inoltre, è inammissibile se si limita a riprodurre censure già respinte nei gradi precedenti senza una critica specifica alla motivazione della sentenza impugnata.

È sufficiente per il giudice di merito usare l’espressione ‘pena congrua’ per motivare la sanzione?
Sì, secondo la Corte, quando la pena inflitta è inferiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato, il giudice non è tenuto a una motivazione dettagliata. L’uso di espressioni come ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o il semplice richiamo alla gravità del reato è considerato sufficiente a giustificare la decisione.

Come si può contestare efficacemente il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Per contestare efficacemente il diniego, non è sufficiente lamentare genericamente la mancata concessione. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice di merito sia mancante, palesemente illogica o contraddittoria, poiché, secondo la giurisprudenza costante, per giustificare il diniego è sufficiente un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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