Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 506 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 506 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME
R.G.N. 21639/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
DURIC DRAGAN ORA PERIC DRAGAN (CUI 01XOY31) nato a TORINO il 11/09/1979
avverso la sentenza del 15/09/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso letta la memoria del difensore avv.to NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi e comunque la declaratoria di prescrizione.
Letta altresì la memoria integrativa della difesa che ha insistito per la declaratoria di prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 15 settembre 2022, in parziale riforma della pronuncia del 4-6-2018 del Tribunale di Firenze, appellata dall’imputato NOME COGNOME e dal P.G., elevava la pena inflitta al predetto ad anni 2, mesi 4 di reclusione ed € 700,00 di multa perchØ ritenuto colpevole di due distinte ipotesi di truffa, aggravate dal danno patrimoniale di rilevante entità.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv.to NOME COGNOME deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per omessa motivazione circa il quarto motivo di
appello avente ad oggetto l’errata pronuncia sulla liquidazione del danno a favore delle parti civili;
violazione dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. con riferimento agli artt. 1343, 1345, 1346 e 1418 cod.civ, posto che, le statuizioni di carattere civilistico assunte nella pronuncia, contrastavano con le regole dettate da tali norme in relazione alla nullità dei contratti con causa illecita; il risarcimento del danno, comunque, non poteva stabilirsi sulla base delle sole dichiarazioni delle persone offese;
violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc.pen. per errata ed insufficiente motivazione con riguardo all’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod.pen. per il capo A) della rubrica che non risultava operativa nel calcolo in concreto della pena;
violazione dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. per assenza di artifici e raggiri nella condotta del COGNOME posto che era stato il solo coimputato COGNOME a porre in essere la condotta decettiva;
violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. con riguardo all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche e contraddittorietà della motivazione rispetto alle valutazioni esposte per l’COGNOME.
Con successive memorie ritualmente depositate, la difesa dell’imputato contestava le conclusioni del P.G. e chiedeva dichiararsi la prescrizione nelle more sopravvenuta; al proposito rappresentava anche che il rinvio dell’udienza fissata per il 13 ottobre 2024 dinanzi al Corte di legittimità per omesso avviso dell’udienza al secondo difensore aveva determinato la maturazione del termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sono o manifestamente infondati ovvero reiterativi di doglianze già compiutamente vagliate e disattese dalla corte di merito, ed il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con conseguente preclusione della dichiarazione di prescrizione.
Ed invero, quanto al primo motivo, alcun difetto assoluto di motivazione rispetto alla doglianza prospettata si evidenzia nella impugnata pronuncia posto che, dall’apparato motivazionale della decisione di appello, risulta che tutte le doglianze in punto affermazione di responsabilità venivano disattese e, da ciò, conseguiva la conferma delle statuizioni civili, essendo stata accertata una condotta truffaldina posta in essere in occasione di entrambe le fattispecie di reato. Il giudice di appello, ha dapprima elencato il quarto motivo proposto dalla difesa COGNOME (p. 4 della sentenza punto 2.2.4) e, poi, acclarato che lo stesso contestava la statuizione risarcitoria lo ha preso in considerazione al successivo punto 3.2.1 ove motivava la sussistenza della fattispecie di reato e la sua riferibilità anche al COGNOME, da cui conseguiva la responsabilità civile.
Il secondo motivo Ł puramente reiterativo di questioni già devolute e risolte nel precedente grado di merito, avendo, il giudice di appello, fatto corretta applicazione di quel principio secondo cui integra il reato di truffa la condotta di colui che si Ł procurato un ingiusto profitto in danno di altri, ponendo in essere artifici e raggiri che abbiano indotto in errore la vittima, anche nel caso in cui quest’ultima abbia agito motivata da fini illeciti, posto che non viene meno, in tal caso, l’oggettività giuridica della fattispecie, costituita dall’esigenza di tutela del patrimonio altrui e della libertà del consenso nei negozi patrimoniali (Sez. 2, n. 49951 del 26/10/2023, Rv. 285617 – 01). E con le osservazioni ampiamente esposte a pagina 13 della sentenza impugnata, la corte di merito ha proprio sottolineato come nel caso in esame non fossero rilevanti e decisive per escludere la rilevanza penale delle condotte le ragioni illecite che avevano spinto le persone offese di entrambi i reati ad effettuare l’operazione di cambio del denaro contante.
NØ la illiceità della causa assume rilievo decisivo con riguardo alla statuizione di condanna al risarcimento dei danni, che pure il ricorso contesta nel primo e nel secondo motivo, dovendosi
fare applicazione del principio secondo cui in tema di truffa, la natura illecita del patto intercorso con la vittima non impedisce la condanna dell’imputato alla restituzione della somma di denaro versatagli dalla vittima, poichØ unica eccezione alla ripetibilità dell’indebito Ł data dalla prestazione contraria al buon costume (art. 2035 cod. civ.), mentre va ricondotto allo schema dell’indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.) il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di contratto nullo per illiceità della causa, contraria all’ordine pubblico (Sez. 2, n. 35352 del 17/09/2010, Rv. 248546 – 01).
3. Quanto agli altri motivi:
alcun difetto assoluto di motivazione rispetto alla attenuante del risarcimento del danno che si assume non valutata nel calcolo della pena appare sussistere posto che, secondo l’espressa dizione del dispositivo di primo grado riportato a pagina 2 della pronuncia di appello, tale attenuante risulta concessa e riconosciuta esclusivamente in favore del coimputato COGNOME; inoltre, al punto 3.2.3 della motivazione, esposto a pagina 14, la corte di appello esclude la possibilità di concedere la predetta attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod.pen. in favore del Duric sulla base di precisi argomenti in fatto;
puramente reiterativo e manifestamente infondato appare il quarto motivo con il quale si contesta l’assenza di condotta truffaldina posto che, sul punto, i giudici di merito con valutazione conforme hanno spiegato che proprio il COGNOME era colui che effettuava l’operazione di cambio delle banconote vere con quelle false al momento della consegna, con evidente integrazione di chiari raggiri in danno delle vittime;
la negazione delle attenuanti generiche trova fondamento e spiegazione nella negativa personalità dell’imputato che la corte valuta specificamente a pagina 13 della motivazione (punto 3.2.2) con valutazione del tutto esente dalle lamentate censure.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266 – 01), reclamata con entrambe le memorie scritte depositate dalla difesa, senza che alcun rilievo assuma il rinvio dell’udienza per irregolarità della citazione del secondo difensore disposto dinanzi al giudice di legittimità che attiene alla regolarità della trattazione del procedimento atteso che l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti Ł antecedente rispetto alla regolare costituzione del rapporto processuale, la cui conclusione Ł meramente constatativa di un vizio originario dell’impugnazione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 13/12/2024
Il Consigliere estensore