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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo dichiara

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una mera riproposizione di argomentazioni già valutate e respinte in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. È stato inoltre ribadito che la determinazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è un’opportunità per ridiscutere l’intero processo. Un ricorso inammissibile è l’esito che attende chi non rispetta i rigidi criteri previsti dalla legge. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quali errori evitare, spiegando perché la mera riproposizione delle stesse argomentazioni non è sufficiente per ottenere una revisione della sentenza.

I Fatti del Processo

Il caso analizzato riguarda un imputato condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte di Appello per il reato di furto aggravato in concorso. La Corte di Appello aveva parzialmente modificato la prima sentenza, intervenendo unicamente sul trattamento sanzionatorio. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Regola del Ricorso Inammissibile

L’imputato ha basato il suo appello a tre principali censure:

1. Violazione delle regole probatorie: Si contestava il modo in cui i giudici di appello avevano valutato le prove a suo carico, ritenendo la motivazione insufficiente a fondare la sua responsabilità penale.
2. Errata applicazione della legge: Si criticava il riconoscimento di una specifica circostanza aggravante del reato di furto.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava che la Corte non avesse concesso una riduzione di pena sulla base delle circostanze attenuanti generiche.

Questi motivi, sebbene apparentemente pertinenti, nascondevano un vizio fatale che ha portato la Cassazione a dichiarare il ricorso inammissibile nella sua interezza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato in modo dettagliato perché nessuno dei motivi proposti potesse essere accolto. La decisione si fonda su due principi cardine del giudizio di legittimità.

La Ripetitività dei Motivi come Causa di Inammissibilità

Per quanto riguarda i primi due motivi, relativi alla valutazione delle prove e all’aggravante, la Corte ha osservato che l’imputato si era limitato a riprodurre le stesse censure già presentate e respinte dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e puntuale delle argomentazioni della sentenza impugnata. Non è sufficiente ripetere doglianze generiche o riproporre la propria versione dei fatti. È necessario spiegare perché il ragionamento del giudice di secondo grado sarebbe errato dal punto di vista giuridico. In assenza di questa critica specifica, il ricorso diventa una semplice ripetizione, destinata a essere dichiarata inammissibile.

La Discrezionalità del Giudice di Merito sul Trattamento Sanzionatorio

Anche il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la quantificazione della pena e la concessione delle attenuanti rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte di Appello). Il giudice di legittimità, ovvero la Cassazione, non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato i fatti. L’intervento della Suprema Corte è ammesso solo in casi estremi, ovvero quando la decisione sulla pena è palesemente arbitraria o supportata da una motivazione manifestamente illogica, circostanze che non sono state riscontrate nel caso di specie.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria sulle regole che governano il ricorso in Cassazione. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è fondamentale che l’atto di impugnazione non sia una mera fotocopia dei precedenti atti difensivi, ma contenga argomentazioni giuridiche nuove e mirate a contestare specificamente la logica e la correttezza giuridica della sentenza di appello. In caso contrario, oltre alla conferma della condanna, il ricorrente si espone al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto in questo caso con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre cose, si limita a riprodurre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice del merito (es. la Corte di Appello), senza formulare una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza che si sta impugnando.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Generalmente no. La determinazione della pena (trattamento sanzionatorio) è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la decisione è frutto di arbitrarietà o se la motivazione è manifestamente illogica, cosa che non è stata riscontrata nel caso specifico.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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