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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo dichiara

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per furto. La decisione si fonda sul fatto che l’unico motivo di appello, relativo alla recidiva, era una semplice riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello, confermando l’importanza di presentare nuove questioni di diritto in sede di legittimità.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello è una Copia del Precedente

Quando si presenta un appello alla Corte di Cassazione, è fondamentale introdurre vizi di legittimità o nuove questioni di diritto. Ma cosa succede se il ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le conseguenze, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per capire i principi procedurali in gioco.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il delitto di furto. L’imputato, dopo la sentenza di primo grado, aveva presentato appello presso la Corte d’Appello di Firenze, la quale aveva confermato la sua responsabilità penale. Non soddisfatto della decisione, l’imputato decideva di proseguire la sua battaglia legale presentando un ulteriore ricorso presso la Corte di Cassazione.

L’Oggetto della Contestazione

L’unico punto su cui si basava l’appello in Cassazione era la contestazione del riconoscimento della recidiva. La difesa sosteneva che tale circostanza aggravante fosse stata applicata erroneamente, cercando di ottenere una revisione della valutazione già compiuta dai giudici di merito.

La Valutazione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha preso una strada diversa da quella auspicata dal ricorrente. Gli Ermellini hanno analizzato il motivo di ricorso e sono giunti a una conclusione netta: l’appello era una mera riproduzione di argomenti e profili di censura già ampiamente esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. In altre parole, la difesa non ha introdotto nuovi vizi di legittimità o errate applicazioni della legge, ma ha semplicemente riproposto le stesse lamentele, sperando in un esito differente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando un principio cardine del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado di merito’ dove si possono rivalutare i fatti o riproporre le stesse identiche questioni già decise. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso di specie, i giudici hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva già fornito ‘corretti argomenti giuridici’ per disattendere le doglianze sulla recidiva (come si evince dalle pagine 7 e 8 della sentenza di secondo grado, citate nell’ordinanza). Pertanto, il ricorso è stato giudicato privo dei requisiti minimi per essere esaminato nel merito, configurandosi come un tentativo di ottenere una nuova valutazione di elementi già definiti. Questa riproposizione pedissequa dei motivi rende, per l’appunto, il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve anche a scoraggiare la presentazione di appelli palesemente infondati o meramente dilatori.

La lezione pratica che si trae da questa vicenda è chiara: per avere successo in Cassazione, non basta essere in disaccordo con la decisione precedente. È necessario individuare e argomentare specifici errori di diritto (violazione di legge) o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Ripetere le stesse argomentazioni già respinte non solo è inutile, ma può anche risultare economicamente svantaggioso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello.

Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Qual era l’argomento specifico contestato nel ricorso?
L’unico motivo di ricorso contestava il riconoscimento della recidiva, una circostanza aggravante legata alla commissione di un nuovo reato dopo una condanna precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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