Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’appello
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione fornisce un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Nel caso specifico, la Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di argomenti già vagliati e respinti nei precedenti gradi di giudizio. Questa decisione sottolinea il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità e non di merito, un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario.
Il caso: dall’Appello al ricorso in Cassazione
Due cittadini, precedentemente condannati dalla Corte d’Appello territoriale per il reato di interruzione di pubblico servizio previsto dall’art. 340 del codice penale, hanno proposto ricorso per Cassazione. I ricorrenti hanno sollevato diverse questioni, tra cui la valutazione della loro responsabilità penale, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’intervenuta prescrizione del reato. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna emessa in secondo grado.
La decisione della Corte sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi. La conseguenza diretta di tale pronuncia, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione, quindi, non solo ha reso definitiva la condanna, ma ha anche aggiunto un onere economico per i ricorrenti.
Le motivazioni: perché il ricorso è stato respinto
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni addotte dalla Corte. I giudici hanno chiarito che il ricorso è inammissibile quando i motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità. Nel caso specifico, i ricorrenti si erano limitati a riproporre le stesse censure già adeguatamente analizzate e respinte dai giudici di merito.
La Corte ha evidenziato come le sentenze precedenti fossero basate su argomenti:
* Giuridicamente corretti: L’applicazione delle norme era stata impeccabile.
* Puntuali: Le risposte alle doglianze difensive erano state specifiche e pertinenti.
* Coerenti e logici: Il ragionamento seguito era privo di manifeste incongruenze logiche e ben ancorato alle prove emerse nel processo.
Inoltre, la Corte ha specificato che anche la questione sulla prescrizione del reato era infondata. I giudici hanno rilevato che il termine non era ancora maturato al momento della sentenza d’appello, a causa di periodi di sospensione del decorso temporale che non erano stati contestati validamente nel ricorso.
Conclusioni: le conseguenze pratiche
Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. La sua funzione è quella di assicurare l’uniforme interpretazione della legge. Proporre un ricorso basato sulla mera riproposizione di argomenti fattuali già respinti è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche ulteriori sanzioni pecuniarie. Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito a formulare ricorsi che si concentrino esclusivamente su vizi di legittimità della sentenza impugnata, evitando di trasformare l’ultimo grado di giudizio in un’impropria richiesta di riesame del merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una mera ripetizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dai giudici dei gradi precedenti. La Cassazione ha ritenuto che il ricorso non sollevasse questioni di legittimità, ma tentasse di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in quella sede.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base alla decisione e all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
L’argomento della prescrizione del reato è stato accolto?
No, la Corte ha respinto l’argomento relativo alla prescrizione. Ha specificato che, alla data della sentenza d’appello, il reato non era ancora prescritto a causa di periodi di sospensione del decorso del tempo, un aspetto che i ricorrenti non avevano contestato nel loro appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33943 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33943 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
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letto il ricorso proposto nell’interesse comune di NOME COGNOME e NOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dal legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenz acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche in relazione ai profili d responsabilità per il reato di cui all’ad 340 14′ scritto ai ricorrenti, al diniego delle generiche, alla prescrizione del reato, non ancora maturata alla data della sentenza gravata in ragione di periodi di sospensione del relativo decorso temporale non contrastati dal ricorso rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 7 luglio 2025.