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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo dichiara

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per tentato furto aggravato. I motivi, relativi alla condizione di procedibilità e al difetto di motivazione, sono stati ritenuti manifestamente infondati, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e pertinenti.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i principi che portano a dichiarare un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi appaiono generici o palesemente privi di fondamento. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato contro una condanna per tentato furto aggravato, che la Suprema Corte ha respinto senza nemmeno entrare nel merito della questione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni dei giudici.

I fatti di causa e il ricorso in Cassazione

Un soggetto, condannato in Corte d’Appello per il reato di tentato furto aggravato ai sensi degli artt. 56, 624 e 625 del codice penale, ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si fondava su due principali motivi di doglianza:

1. La presunta mancanza della condizione di procedibilità, ovvero della denuncia-querela da parte della persona offesa, resa necessaria dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta ‘Riforma Cartabia’).
2. Un asserito difetto di motivazione da parte della Corte d’Appello, che non avrebbe verificato i presupposti per una eventuale assoluzione secondo l’art. 129 del codice di procedura penale.

La questione del ricorso inammissibile e la condizione di procedibilità

Il primo motivo sollevato dal ricorrente è stato rapidamente liquidato dalla Suprema Corte come manifestamente infondato. I giudici hanno infatti verificato che agli atti del processo era presente la denuncia-querela, regolarmente presentata dalla persona offesa in data 21 gennaio 2023. La Corte territoriale, pertanto, aveva correttamente rilevato la sussistenza della condizione di procedibilità, rendendo l’eccezione del tutto priva di fondamento. Questo punto evidenzia come un’analisi superficiale degli atti processuali possa condurre alla formulazione di motivi di ricorso destinati all’insuccesso.

La valutazione sul ricorso inammissibile per aspecificità dei motivi

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato ancora più debole. La Corte ha definito la doglianza ‘intrinsecamente aspecifica’. Il ricorrente, infatti, si era lamentato di un difetto di motivazione senza però confrontarsi minimamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. È un principio consolidato che il ricorso in Cassazione non possa limitarsi a una generica critica della decisione, ma debba indicare in modo specifico e puntuale le ragioni di diritto che si assumono violate. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse fornito una congrua ricostruzione del fatto, nonostante l’impugnazione in quella sede riguardasse unicamente la misura della pena (dosimetria). La mancata contestazione specifica delle motivazioni della Corte d’Appello ha quindi reso il motivo del tutto generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché entrambi i motivi proposti erano manifestamente infondati. Il primo si basava su un presupposto fattuale errato (l’assenza della querela), mentre il secondo era viziato da una totale aspecificità, non riuscendo a instaurare un vero contraddittorio con la sentenza impugnata. La Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando ragioni di esonero, ha disposto il pagamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria per aver intrapreso un’impugnazione temeraria.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: la presentazione di un ricorso in Cassazione richiede un’attenta preparazione e la formulazione di motivi specifici, pertinenti e giuridicamente fondati. Un’impugnazione basata su presupposti errati o su critiche generiche non solo è destinata al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente. La dichiarazione di inammissibilità non è una mera formalità, ma una sanzione processuale che mira a scoraggiare ricorsi dilatori o palesemente infondati, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono manifestamente infondati, ad esempio perché basati su presupposti di fatto errati o perché formulati in modo intrinsecamente aspecifico, senza un reale confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata.

La denuncia-querela è sempre necessaria per il reato di furto?
L’ordinanza chiarisce che, per il reato previsto dall’art. 624 del codice penale, come modificato dal D.Lgs. 150/2022, la denuncia-querela della persona offesa costituisce una condizione di procedibilità. Nel caso specifico, la sua presenza agli atti ha reso infondato il motivo di ricorso.

Cosa comporta economicamente la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e, salvo che non vi siano ragioni di esonero, anche al versamento di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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