Ricorso Inammissibile: La Cassazione e le Conseguenze di un Gravame Infondato
Presentare un’impugnazione è un diritto fondamentale, ma quando un appello è privo di fondamento, la legge prevede conseguenze precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando la ricorrente a sanzioni pecuniarie. Analizziamo la decisione per capire quando e perché un ricorso non supera il vaglio della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. La persona imputata era stata ritenuta colpevole di un reato ascrittole.
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione: la presunta errata valutazione dell’elemento soggettivo del reato. In altre parole, si contestava che i giudici di merito non avessero correttamente considerato l’intenzionalità o la volontà nella condotta che ha portato alla condanna.
La Valutazione del Ricorso inammissibile da parte della Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il motivo del ricorso e lo ha ritenuto manifestamente infondato, portando a una declaratoria di ricorso inammissibile. La Corte ha osservato che i giudici di appello avevano già risposto in modo esauriente e corretto alla medesima doglianza.
Il punto centrale della decisione risiede nella natura del reato contestato. La Cassazione ha chiarito che, per l’integrazione di quella specifica fattispecie, non è rilevante accertare la volontarietà o meno della condotta. Ciò che conta è il mero dato fattuale, ovvero il mancato versamento del contributo dovuto. Essendo tale mancato pagamento stato accertato nel corso del processo, il reato era da considerarsi pienamente configurato, rendendo irrilevante ogni discussione sull’intenzionalità dell’imputata.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione evidenziando che il motivo di impugnazione era palesemente privo di fondamento giuridico. La Corte di Appello aveva già correttamente applicato la legge, specificando che per il tipo di illecito in esame è sufficiente il dato oggettivo dell’omissione.
Inoltre, i giudici hanno richiamato l’articolo 616 del codice di procedura penale e la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000). Questa norma prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente debba essere condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma alla Cassa delle ammende. Tale condanna ulteriore viene esclusa solo se si dimostra di aver proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. Nel caso di specie, la Corte non ha ravvisato elementi per escludere tale colpa.
Conclusioni
La decisione in esame offre un importante monito: la proposizione di un ricorso in Cassazione non è priva di rischi. Quando i motivi sono manifestamente infondati, come in questo caso in cui si discuteva un elemento non richiesto dalla norma incriminatrice, la conseguenza non è solo il rigetto, ma una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo comporta sanzioni economiche significative per il ricorrente, fissate in € 3.000,00 oltre alle spese del procedimento. Tale meccanismo serve a disincentivare impugnazioni meramente dilatorie o basate su argomenti giuridicamente insostenibili, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario e sanzionando l’abuso dello strumento processuale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Il motivo di impugnazione si basava sulla presunta errata valutazione dell’elemento soggettivo (la volontarietà), ma per il reato contestato è sufficiente il solo dato oggettivo del mancato versamento, che era stato accertato.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente fissata dal giudice, in questo caso € 3.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
L’intenzione di commettere il reato è sempre necessaria per una condanna?
No. Come chiarito in questa ordinanza, per alcune specifiche fattispecie di reato previste dalla legge, la volontarietà della condotta non è un elemento necessario. È sufficiente il verificarsi del fatto materiale descritto dalla norma (in questo caso, l’omesso versamento) per integrare il reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12060 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12060 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TAURIANOVA il 30/06/1972
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 27 maggio 2024 la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la sentenza del 19 luglio 2023 con cui il Tribunale di Palmi aveva condannato COGNOME Elisabetta alla pena di giustizia avendola ritenuta colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la prevenuta articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla statuizione di reità; più in particolare la COGNOME censurava il provvedimento impugnato nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto integrato l’elemento soggettivo del reato contestato.
COnsiderato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo di impugnazione in esso contenuto risulta manifestamente infondato in quanto la Corte reggina, chiamata a rispondere in merito al medesimo motivo di gravame sollevato in sede di appello, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha correttamente dato rilevo al fatto che per l’integrazione della fattispecie contestata non rileva la volontarietà o meno della condotta ma basta il dato fattuale del mancato versamento del contributo in favore della SIAE che, nel caso che interessa, è stato accertato;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
il Presidente