Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12638 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12638 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA in Romania
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO COGNOME del foro di MILANO in difesa di NOME, dopo dibattimento, insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Milano cori sentenza del 24/10/2023 ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Milano del 06/07/2022, con la quale NOME è stato condannato alla pena di giustizia per i delitti allo stesso ascritti (capi a) art. 496 cod. pen., capo b) art. 648 cod. pen., riqualificato ai sensi dell’art. 497-bis cod. pen., capo c) artt, 110, 648 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza NOME, per mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolando motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc.pen.
2.1. “Violazione di legge processuale in relazione agli art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla nullità della sentenza per violazione degli artt. 423, 441, 521, comma 2, 522 cod. proc. pen. Violazione dell’art. 6, p.1 e 3 a) e b) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Condanna per fatto diverso dalla contestazione. Annullamento della sentenza impugnata” (pag. 1 del ricorso). La difesa ha evidenziato come il giudice avesse diversamente qualificato il fatto passando dalla ricettazione di un documento contraffatto alla ipotesi di reato di cui all’art. 497-bis cod. pen. che non risultava in alcun modo contestata in fatto nella imputazione di cui al capo b). La Corte di appello ha errato nel confermare tale statuizione. Ricorre dunque una mancata correlazione tra accusa e condanna con violazione dei diritti di difesa.
Si è inoltre sottolineata la peculiarità del rito abbreviato che era stato richiesto dal ricorrente, sicché si era venuti a conoscenza della diversa qualificazione giuridica solo al momento della condanna, senza alcuna difesa sulla diversa qualificazione giuridica del fatto, con evidente interesse sul punto del ricorrente, anche in relazione al possibile riconoscimento della disciplina di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen. Non ricorre nel caso in esame una mera riqualificazione giuridica del fatto contestato.
2.2. COGNOME ” Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione alla comminazione di una doppia sanzione per il medesimo fatto ex art. 649 cod. proc. pen. in relazione ai capi a) e b). Mancato assorbimento della condotta di cui al capo a) nel delitto di cui al capo b). Violazione del principio del ne bis in idem. Annullamento della sentenza impugnata. Le due condotte contestate ai capi a) e b) sono sostanzialmente sovrapponibili e dunque il ricorrente risulta condannato due volte per lo stesso fatto, attesa la riqualificazione del capo b) della rubrica, con lesione dei diritti
della difesa. Nel caso concreto la condotta era da ritenersi unica e dunque neanche poteva essere ipotizzato un concorso di reati, atteso che l’imputato con una unica azione aveva esibito il documento falso e declinato false generalità, con una unica azione idonea a ledere la fede pubblica.
2.3. “In relazione al capo b): violazione di legge ex art. 606, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 497-bis cod.pen. e art. 49 cod. pen. Erronea valutazione del giudice di primo grado, circa il c.d. “falso grossolano”. Annullamento della sentenza impugnata” (pag. 11 ricorso)”.
2.4. COGNOME “Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione al travisamento del fatto di reato rispetto all’ammissione di aver esibito un falso documento e violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) in relazione all’omesso riconoscimento dell’attenuante del c.d. recesso attivo, ex art. 56, co. 4, cod. pen. Violazione dell’art. 696, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla mancata conseguente sostituzione della pena detentiva, ove negli anni 1 (riforma Cartabia), con pena pecuniaria ex art. 56-quater, l 689/1981. Annullamento della sentenza impugnata” (pag. 16 ricorso). Con i motivi di appello era stata evidenziata la immediata e leale collaborazione del ricorrente, che non è stata valorizzata nella decisione di conferma dei giudici di appello; la falsa esibizione trovava una sua comprensibile ragione, seppure non tutelabile, di sfuggire ad un mandato di arresto europeo; senza la collaborazione del ricorrente gli agenti non avrebbero mai potuto giungere alle sue reali generalità.
2.5. COGNOME ” Violazione dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. in relazione ai parametri utilizzati per valutare la concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., anche con riferimento alle condizioni di vita dell’imputato. Omessa sostituzione della pena detentiva, ove nei mesi 6 di reclusione, con pena pecuniaria ex art. 56bis I 689/1981. Annullamento della sentenza “. (pag. 18 del ricorso). Le circostanze attenuanti generiche non venivano concesse, nonostante la richiesta del Procuratore generale nell’ambito delle proprie conclusioni; manca sin dal primo grado qualsiasi valutazione in ordine alla mancata concessione.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti, oltre che manifestamente infondati.
In via preliminare occorre osservare che i motivi proposti di caratterizzano per confusione e genericità, atteso il richiamo a parametri normativi non corretti rispetto al vizio poi denunciato, tra l’altro in modo
aspecifico (si veda in tal senso il primo motivo di ricorso con il quale si richiama la ricorrenza di violazione processuale e pur tuttavia si evoca il parametro normativo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) o, ancora, il secondo motivo di ricorso ove si evoca la violazione di legge per poi specificare il richiamo al parametro normativo di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), appunto non coerente con il vizio evocato) (Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, Vaccaro, Rv. 285800-01)
6. Inoltre, si deve rilevare come i motivi proposti non siano consentiti, atteso che si presentano del tutto reiterativi dei motivi di appello e si risolvono in una lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede a fronte di una motivazione che si presenta del tutto esente da censure, con la quale il ricorrente non si confronta. In tal senso, quanto alla genericità dei motivi proposti, si deve ricordare che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutatour, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568-01; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 0:3/07/2007, Rv. 236945-01). Nel riproporre pedissequamente i motivi di appello, come emerge dall’articolazione di una serie di considerazioni in tutto corrispondenti ai motivi di appello al fine di introdurre un’evidente lettura alternativa del merito, non ammissibile in questa sede, il ricorrente non si confronta compiutamente con la motivazione della sentenza di appello. Deve essere, quindi, ribadito il principio di diritto affermato da questa Corte secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01). Tutti i motivi si caratterizzano per la loro reiteratività, in assenza di confronto con la motivazione della Corte di appello, che ha specificamente affrontato i temi devoluti con i motivi di ricorso.
Il primo motivo di ricorso oltre a non essere consentito per le ragioni sopra esposte è anche manifestamente infondato. La riqualificazione ai sensi dell’art. 497-bis cod. pen. del fatto oggetto di contestazione originaria ai sensi dell’art. 648 cod. pen. è stata richiesta dalla stessa difesa del ricorrente, che si è in tal senso anche associata alle conclusioni del Pubblico ministero sul punto, con piena consapevolezza quanto alla evidente diversa qualificazione giuridica del fatto, rimasto del tutto inalterato nelle sue caratteristiche materiali. Né emerge alcun concreto interesse dal punto di vista della dosimetria della pena, avendo la Corte di appello precisato che la condotta non avrebbe mai potuto essere qualificata ai sensi dell’art. 648, comma quarto, cod. pen., con conseguente applicazione al ricorrente di un regime sanzionatorio decisamente più favorevole. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta. Ugualmente manifestamente infondato il rilievo relativo ad una asserita lesione del diritto di difesa; in tal senso è stato ripetutamente evidenziato che la garanzia del contraddittorio in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto deve ritenersi assicurata anche quando venga operata dal giudice di primo grado nella sentenza pronunciata ad esito del rito abbreviato, in quanto con i motivi di appello, come avvenuto nel caso in esame, l’imputato è posto nella condizione di interloquire sulla stessa, richiedendo una sua rivalutazione e l’acquisizione di integrazioni probatorie utili a smentirne il fondamento (non richieste nel caso in esame, Sez. 6, n. 10093 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 251961-01, nonché di recente quanto alla effettiva possibilità di riscontrare l’effettiva condanna per un fatto diverso Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713-02). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il secondo, terzo e quarto motivo non sono consentiti, atteso che si risolvono in una lettura alternativa del merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01), in mancanza di confronto con la motivazione della Corte di appello che ha specificamente ricostruito le condotte imputate (sulla base del materiale acquisito in sede di giudizio abbreviato in modo del tutto conforme al giudice di primo grado), specificandone qualificazione giuridica e la ricorrenza degli elementi tipici, con esclusione di un rapporto di specialità, della ricorrenza di un falso grossolano e del possibile riconoscimento di un
recesso attivo nella progressione di condotta tenuta dal ricorrente (pagg.4, 5 e seg.).
Non consentito anche l’ultimo motivo di ricorso, oltre che manifestamente infondato, quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, essendosi il ricorrente limitato a reiterare il motivo di appello, senza richiamare eventuali elementi allegati in sede di merito a carattere risolutivo rispetto alla decisione di secondo grado. La Corte di appello ha, dunque, correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME,Rv. 28349-01).
Dall’insieme di considerazioni che prececilono emerge anche la manifesta infondatezze delle richieste, totalmente generiche, di sostituzione della pena in relazione ai diversi parametri normativi evocati, senza alcun reale confronto con la motivazione e la dosimetria della pena irrogata.
Essendo il ricorso inammissibile, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 febbraio 2024.