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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per un reato continuato, ritenendolo manifestamente infondato. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e a una sanzione pecuniaria, poiché la pena originale era stata giudicata congrua e non era stato applicato alcun aumento per la continuazione con la condotta di un coimputato.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e le Conseguenze di un Appello Infondato

Presentare un’impugnazione contro una sentenza è un diritto fondamentale nel nostro ordinamento, ma non è privo di rischi. Quando un appello è debole o privo di fondamento, può essere dichiarato ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative per chi lo ha proposto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, sottolineando l’importanza di valutare attentamente le basi di un’impugnazione prima di procedere.

Il caso in esame: un ricorso per il trattamento sanzionatorio

La vicenda trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione e una violazione di legge riguardo alla pena inflittagli, in particolare per quanto concerne l’applicazione del cosiddetto ‘reato in continuazione’. La sua tesi si basava sul fatto che il giudice di primo grado non avesse correttamente calcolato la pena in relazione alla condotta di detenzione di sostanza stupefacente, che vedeva coinvolto anche un coimputato. Secondo la difesa, la pena inflitta era incongrua e doveva essere ricalcolata.

La decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato la doglianza del ricorrente, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Gli Ermellini hanno qualificato il motivo del ricorso come ‘manifestamente infondato’. Questa definizione indica che le argomentazioni presentate erano così palesemente prive di fondamento da non meritare neppure un’analisi approfondita nel merito. La Corte ha quindi rigettato l’istanza senza entrare nel vivo della questione sollevata.

Le motivazioni della decisione

La motivazione alla base della decisione della Suprema Corte è chiara e lineare. La Corte territoriale, nel suo giudizio, aveva già evidenziato come il giudice di primo grado non avesse, di fatto, operato alcun aumento di pena a titolo di continuazione con la condotta del coimputato. In altre parole, la lamentela del ricorrente si basava su un presupposto errato: contestava un aumento di pena che non era mai stato applicato. Di conseguenza, la pena determinata dal Tribunale e confermata in Appello è stata ritenuta ‘congrua ed equa’. L’assenza del presupposto fattuale e giuridico ha reso la doglianza del tutto priva di pregio e, pertanto, manifestamente infondata.

Le conclusioni: le implicazioni pratiche dell’inammissibilità

La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente (come nel caso di una manifesta infondatezza), quest’ultimo è condannato a pagare non solo le spese del procedimento, ma anche una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la Corte, richiamando anche una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che non vi erano elementi per escludere la colpa del ricorrente nella proposizione di un’impugnazione temeraria. Di conseguenza, lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro. Questa decisione serve da monito: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità, poiché i ricorsi palesemente infondati non solo appesantiscono il sistema giudiziario, ma comportano anche concrete sanzioni economiche.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la doglianza è stata ritenuta ‘manifestamente infondata’, ovvero palesemente priva di fondamento giuridico e fattuale.

Cosa aveva specificamente contestato il ricorrente?
Il ricorrente lamentava un vizio della motivazione e una violazione di legge riguardo al trattamento sanzionatorio per il reato in continuazione, sostenendo che la pena fosse incongrua.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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