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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati in Appello per tentata estorsione. I motivi del rigetto si basano sulla natura meramente ripetitiva delle argomentazioni già respinte in secondo grado e sull’impossibilità di contestare l’entità della pena in sede di legittimità, ribadendo la discrezionalità del giudice di merito in materia. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio d’Appello

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito in sede di legittimità, delineando i confini invalicabili per chi intende appellarsi alla Suprema Corte. Il caso riguarda due individui condannati per tentata estorsione che vedono le loro istanze respinte non nel merito, ma per vizi procedurali e di impostazione. Questo provvedimento è un monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti per la Cassazione, evitando la semplice riproposizione di argomenti già discussi.

I Fatti del Processo

Due soggetti, a seguito di una condanna per il reato di tentata estorsione emessa dalla Corte d’Appello, hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione. Le loro difese si concentravano su due punti principali: in primo luogo, contestavano il giudizio di responsabilità, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado. In secondo luogo, criticavano l’eccessività della pena inflitta, ritenendola sproporzionata.

Il Ricorso Inammissibile e la Decisione della Cassazione

La Corte Suprema, con una decisione netta, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La pronuncia si basa su principi consolidati della procedura penale che limitano strettamente l’ambito di intervento della Cassazione, la quale non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

La Reiterazione dei Motivi: Un Errore da Evitare

Il primo motivo di ricorso è stato liquidato come una mera riproposizione di argomentazioni già avanzate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la sentenza impugnata avesse già fornito una motivazione logica e coerente sia sulla sussistenza della condotta criminosa sia sull’elemento soggettivo del reato. Proporre nuovamente le stesse doglianze senza evidenziare un vizio logico-giuridico specifico nella motivazione del giudice precedente rende il ricorso, su quel punto, inevitabilmente inammissibile.

La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un principio cardine: la quantificazione della pena è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Salvo casi di manifesta illogicità o di violazione dei criteri legali (stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale), la Cassazione non può sindacare la decisione sulla misura della sanzione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la propria scelta, rendendo la doglianza inaccoglibile.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte di Cassazione è lapidaria e si fonda su due pilastri. In primo luogo, il giudizio di legittimità non serve a riesaminare le prove o a fornire una nuova valutazione dei fatti, compiti esclusivi dei giudici di merito. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse obiezioni già valutate e rigettate in Appello, senza individuare un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella sentenza, è destinato al fallimento. La Corte sottolinea come le pagine 7, 8 e 9 della sentenza impugnata contenessero già tutte le risposte, logiche e giuridicamente fondate, alle questioni sollevate dai ricorrenti. In secondo luogo, la determinazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito, che la esercita ponderando tutti gli elementi del caso. La Cassazione interviene solo per correggere abusi di tale potere, non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. In assenza di tali abusi, il motivo è manifestamente infondato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per la pratica legale: il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti, ma uno strumento per controllare la corretta applicazione della legge. Gli avvocati devono formulare motivi di ricorso che attacchino specificamente la struttura logico-giuridica della sentenza impugnata, evidenziando vizi di legittimità e non semplici divergenze di valutazione. Ignorare questi principi porta non solo al rigetto del ricorso, ma anche alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del proprio assistito.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano una semplice reiterazione di doglianze già esaminate e respinte dal giudice di merito, e la contestazione sull’entità della pena non è consentita in sede di legittimità.

È possibile contestare l’entità della pena davanti alla Corte di Cassazione?
Generalmente no. Secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è palesemente illogica o viola i principi legali, cosa che non è stata riscontrata in questo caso.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come in questo caso, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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