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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile in materia di recidiva, stabilendo che il giudizio di merito non è censurabile se la sentenza impugnata è sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica. La decisione sottolinea i limiti del sindacato di legittimità della Suprema Corte e comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Ordinanza della Cassazione sulla Recidiva

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 6913/2024, offre un chiaro esempio di come viene gestito un ricorso inammissibile e quali sono i limiti del giudizio di legittimità. Quando un ricorso viene presentato alla Suprema Corte, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia percepita; è necessario che le censure mosse alla sentenza precedente rientrino nei rigidi binari stabiliti dalla legge. In caso contrario, il ricorso viene dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche per chi lo ha proposto. Analizziamo questo caso specifico per comprendere meglio questi meccanismi.

Il Contesto: un Appello contro l’Applicazione della Recidiva

Il caso nasce dal ricorso di un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato ha deciso di impugnare la sentenza di secondo grado davanti alla Corte di Cassazione, focalizzando le proprie doglianze sull’applicazione della recidiva, ovvero l’aggravante che si applica a chi commette un nuovo reato dopo aver già subito una condanna definitiva.

Il ricorrente contestava le modalità con cui i giudici di merito avevano valutato e applicato tale istituto nel suo caso specifico. Tuttavia, per la Suprema Corte, il problema non era se la recidiva fosse stata applicata giustamente o meno nel merito, ma se il modo in cui era stata motivata la decisione fosse legalmente corretto.

I Limiti della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti e le prove. Il suo compito, noto come giudizio di legittimità, è quello di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e coerente per le loro decisioni.

In questa prospettiva, la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse inammissibile. La ragione risiede nel fatto che la sentenza della Corte d’Appello, secondo i giudici supremi, era “sorretta da sufficiente e non illogica motivazione” e aveva tenuto in debito conto le argomentazioni difensive. Di conseguenza, il giudizio espresso dalla corte territoriale non era “censurabile in questa sede”, poiché un’eventuale revisione avrebbe implicato una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un principio fondamentale della procedura penale: il controllo di legittimità non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito. La doglianza del ricorrente, pur riguardando un istituto di diritto penale sostanziale come la recidiva, si traduceva in una critica alla valutazione discrezionale fatta dal giudice d’appello.

Poiché la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata completa, adeguata e priva di vizi logici evidenti, la Corte di Cassazione ha concluso che non vi erano i presupposti per annullare la decisione. L’esame delle deduzioni difensive era stato effettuato e la decisione era stata giustificata in modo conforme ai criteri di legge. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza delle censure proposte.

Le Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, è stato condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che viene imposta in caso di ricorsi inammissibili per scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate. Questa ordinanza ribadisce un importante principio: un ricorso inammissibile non è solo un atto processuale inefficace, ma comporta anche conseguenze economiche negative per chi lo propone.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure relative all’applicazione della recidiva non evidenziavano violazioni di legge, ma contestavano una valutazione di merito. La sentenza impugnata era supportata da una motivazione sufficiente e non illogica, rendendo il giudizio della Corte d’Appello non sindacabile in sede di legittimità.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in casi come questo?
Il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti (giudizio di merito), ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze dei giudici dei gradi precedenti (giudizio di legittimità). Se la motivazione è adeguata, la Corte non può intervenire sulla decisione.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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