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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva un risarcimento per condizioni di detenzione inumane. La Corte ha stabilito che l’appello non sollevava questioni di violazione di legge, ma tentava una rivalutazione dei fatti già correttamente esaminati dal Tribunale di Sorveglianza. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando il principio che il ricorso in Cassazione non può essere un terzo grado di giudizio sul merito.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del ricorso al giudice di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul merito. Il caso riguarda la dichiarazione di ricorso inammissibile presentato da un detenuto che lamentava condizioni detentive inumane, fornendo preziose indicazioni sulle conseguenze di un’impugnazione non correttamente formulata.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva presentato reclamo al Tribunale di Sorveglianza contro un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, il quale aveva negato il risarcimento previsto dall’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario. Il ricorrente sosteneva di aver subito un trattamento inumano e degradante durante i periodi di detenzione trascorsi presso gli istituti di pena di due diverse città, a causa del sovraffollamento e della mancanza di spazio vitale minimo.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva respinto il reclamo, ritenendo infondate le lamentele. A seguito di questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, riproponendo le medesime censure già esaminate e disattese dal giudice di sorveglianza.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una ragione prettamente procedurale, ma di cruciale importanza. La legge stabilisce che in questa specifica materia, il ricorso in Cassazione può essere proposto solo per “violazione di legge”.

Il ricorrente, invece, non ha lamentato un’errata applicazione delle norme da parte del Tribunale di Sorveglianza, ma ha di fatto chiesto alla Suprema Corte una nuova e diversa valutazione dei fatti e degli elementi già esaminati nel precedente grado di giudizio. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge, non ricostruire i fatti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha articolato le sue motivazioni su più punti. In primo luogo, ha ribadito che il ricorso riproduceva le stesse argomentazioni già adeguatamente vagliate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza con argomenti giuridici corretti. In secondo luogo, il Tribunale aveva specificamente esaminato tutte le deduzioni del detenuto, fornendo una risposta puntuale.

Nello specifico, era stato accertato che il detenuto era sempre stato alloggiato in celle di dimensioni superiori ai 3 metri quadrati minimi. Inoltre, il giudice di sorveglianza aveva correttamente identificato e considerato i cosiddetti “fattori compensativi” per i brevi periodi di detenzione, elementi in grado di bilanciare le condizioni potenzialmente afflittive. La Corte ha quindi qualificato il ricorso come generico e aspecifico, poiché insisteva su una presunta omessa motivazione senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella decisione impugnata. Tentare di ottenere una rilettura alternativa dei dati procedurali è un’attività estranea al sindacato di legittimità, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

La dichiarazione di ricorso inammissibile non è priva di conseguenze. L’ordinanza si conclude con la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione è motivata dalla colpa connessa all'”irritualità dell’impugnazione”, ovvero dall’aver promosso un ricorso privo dei presupposti di legge.

Questa decisione sottolinea l’importanza per i difensori di strutturare i ricorsi per cassazione esclusivamente su motivi di legittimità, evitando di trasformarli in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti. L’esito del caso in esame funge da monito: un’impugnazione infondata non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche per l’assistito.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché non denunciava una violazione di legge da parte del giudice precedente, ma mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è escluso dalla competenza della Corte di Cassazione.

Cosa aveva stabilito il Tribunale di Sorveglianza riguardo le condizioni di detenzione?
Il Tribunale aveva accertato che il detenuto era sempre stato collocato in una cella di dimensioni superiori a 3 metri quadrati e aveva individuato specifici fattori compensativi che bilanciavano le condizioni detentive, data anche la breve durata dei periodi in questione.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso privo dei requisiti legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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