Ricorso inammissibile per Fatti: la Cassazione Conferma la Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame ha portato a una dichiarazione di ricorso inammissibile, confermando la condanna di un imputato per falsità ideologica e condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione. Questo provvedimento offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione.
I Fatti alla base della Vicenda Giudiziaria
La vicenda trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 483 del codice penale, ovvero falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. L’imputato era stato giudicato colpevole sia dal Tribunale che, successivamente, dalla Corte di Appello. La condanna si basava su false attestazioni rese in relazione alla normativa sulla documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000).
Non soddisfatto della decisione di secondo grado, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione.
L’Analisi del Ricorso inammissibile
L’unico motivo di ricorso presentato dall’imputato denunciava un presunto vizio di motivazione della sentenza della Corte d’Appello riguardo alla sua responsabilità penale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rapidamente liquidato la questione, evidenziando come le argomentazioni del ricorrente fossero del tutto “versate in fatto”.
In altre parole, l’imputato non ha sollevato questioni relative a errori di diritto o a vizi logici manifesti nel ragionamento dei giudici di merito. Al contrario, ha semplicemente riproposto le stesse lamentele e le stesse contestazioni sulla ricostruzione dei fatti che erano già state esaminate e respinte dalla Corte territoriale. Questo tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda è estraneo alle funzioni della Corte di Cassazione, che è giudice della legittimità e non dei fatti.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse pienamente esente da vizi logici. I giudici di secondo grado avevano, infatti, esplicitato chiaramente le ragioni del loro convincimento, applicando correttamente i principi giuridici per affermare la responsabilità dell’imputato e la sussistenza del reato. La Cassazione ha sottolineato che il ricorso era meramente “reiterativo” di doglianze già disattese, rendendolo di conseguenza inammissibile.
A fronte di tale inammissibilità, la Corte ha applicato le conseguenze di legge: ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei presupposti necessari.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio cardine: il ricorso per Cassazione non serve a rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei primi due gradi di giudizio. Per ottenere un esame nel merito, il ricorrente deve dimostrare che la sentenza impugnata contiene un errore di diritto o una motivazione illogica, contraddittoria o manifestamente carente. Un ricorso che si limita a contestare la valutazione delle prove, riproponendo le stesse argomentazioni già respinte, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La decisione serve da monito sull’importanza di strutturare un ricorso per Cassazione su solidi motivi di legittimità, evitando di trasformarlo in un appello mascherato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a contestare la valutazione dei fatti già effettuata dalla Corte d’Appello, riproponendo le medesime argomentazioni già respinte, senza evidenziare vizi logici o errori di diritto nella sentenza impugnata.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, previsto dall’articolo 483 del codice penale, in relazione a dichiarazioni rese ai sensi del Testo Unico sulla Documentazione Amministrativa.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1410 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LECCE il 13/10/1965
avverso la sentenza del 04/04/2019 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Lecce del 4 aprile 2019 ha confermato la pronuncia di condanna del Tribunale cittadino per il reato di cui all’art.483 cod. pen. in relazione agl artt.75 e 75 T.U. sulla Documentazione amministrativa di cui al D.P.R. n.445/00.
Considerato che l’unico motivo di ricorso con cui il ricorrente denuncia vizio di motivazione quanto alla penale responsabilità del ricorrente è del tutto versato in fatto e reiterativo delle medesime doglianze già disattese dalila Corte territoriale la quale, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 1) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato.
-Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 6 dicembre 2023
Il consigliere estensore COGNOME
Il PreSidente