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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione conferma

Un individuo condannato a due anni per furto e altri reati ha presentato appello alla Corte di Cassazione. Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato. La Corte ha confermato la qualificazione del reato come furto, respingendo la tesi dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e ha convalidato l’applicazione della recidiva, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Quando un ricorso per Cassazione viene respinto senza nemmeno entrare nel merito della questione? La recente ordinanza della Suprema Corte fornisce una risposta chiara, dichiarando un ricorso inammissibile e confermando una condanna per furto e altri reati. Questo caso offre spunti fondamentali sui requisiti di un’impugnazione di legittimità e sulle conseguenze di un appello presentato in modo generico e infondato.

I fatti del processo

Un soggetto, già condannato in primo e secondo grado a due anni di reclusione per diversi reati, tra cui furto aggravato, tentata violenza privata e recidiva, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Le sue doglianze si concentravano su due punti principali:

1. Errata qualificazione del reato: Sosteneva che il fatto non dovesse essere considerato furto, ma piuttosto ‘esercizio arbitrario delle proprie ragioni’. A suo dire, vantando crediti verso i soci della società derubata, aveva agito in buona fede per soddisfarsi sui beni aziendali, che i soci stessi trattavano come fossero personali.
2. Errata applicazione della recidiva: Contestava l’aggravante della recidiva, affermando di non possedere una ‘personalità delinquenziale’ e che i suoi precedenti non riguardavano reati contro la vita o il patrimonio, ma manifestavano solo un’insofferenza alle regole.

L’analisi della Corte e le ragioni del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse tesi già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Questo approccio rende l’impugnazione inefficace, poiché il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Chiedere una diversa valutazione delle prove, come ha fatto il ricorrente, esula dalle competenze della Corte di legittimità.

Le motivazioni della decisione

Nel dettaglio, la Corte ha smontato le tesi difensive con argomenti precisi:

* Sulla derubricazione del furto: I giudici di merito avevano già logicamente escluso la possibilità di qualificare il fatto come ‘esercizio arbitrario delle proprie ragioni’. Mancavano i presupposti fondamentali: il ricorrente non aveva mai quantificato il suo presunto credito e, soprattutto, aveva sottratto beni di valore notevolmente superiore a qualsiasi ipotetica pretesa. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua e priva di vizi logici.
* Sulla recidiva: Anche su questo punto, la Corte ha confermato la decisione precedente. La ‘marcata insofferenza al rispetto delle regole’, dimostrata dalla commissione degli altri reati contestati, è stata considerata un elemento sufficiente a giustificare l’applicazione dell’aggravante della recidiva, indipendentemente dalla natura specifica dei reati precedenti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale del processo penale: un ricorso per Cassazione deve individuare vizi specifici di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) e non può tradursi in una richiesta di nuova valutazione dei fatti. Proporre un ricorso generico, che ripete argomenti già vagliati e respinti, porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.

Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche un aggravio di costi per il ricorrente, che viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è manifestamente infondato e generico, ovvero si limita a ripetere le argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, oppure quando chiede alla Corte una nuova valutazione delle prove, compito che non le spetta.

Perché il furto non è stato derubricato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
La derubricazione è stata negata perché l’imputato non aveva mai quantificato le sue presunte pretese economiche e, in ogni caso, aveva sottratto beni di valore molto superiore a quello ipotizzabile per tali pretese. Ciò ha reso la tesi difensiva non sostenibile.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ritiene che abbia proposto il ricorso con colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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