Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19023 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 09/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 42562/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Repubblica Popolare Cinese il 23/02/1990 (CUI CODICE_FISCALE), avverso la sentenza del 11/07/2023 della Corte d’appello di Firenze
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Prato del 23/09/2021, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in relazione agli articoli 125 c.p.p. e 73, comma 7, d.P.R. 309/90 (in relazione alla destinazione al consumo personale anzichØ allo spaccio); con un secondo motivo, violazione dell’articolo 133 cod. pen., in relazione alla mancata valutazione della capacità a delinquere, oggetto di motivo nuovo di appello.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo la Corte territoriale motiva il mancato riconoscimento dell’attenuante della collaborazione alla luce della totale mancanza di evidenza della utilità di informazioni fornite dall’imputato, tali da impedire che l’azione criminosa fosse portata ad ulteriori conseguenze, circostanze che, ove presenti, avrebbero dovuto essere puntualmente dedotte dalla difesa.
Trattasi di valutazione non manifestamente illogica, non censurabile in questa sede di
legittimità, in quanto fa buon governo dei principi elaborati da questa Corte, secondo cui (Sez. 4, n. 3946 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280385 – 01), in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, per l’applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma settimo, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il giudice Ł tenuto ad accertare l’utilità e la proficuità delle dichiarazioni collaborative rese dall’imputato, con una valutazione che non Ł suscettibile di censura in sede di legittimità, ove supportata da motivazione logica ed esaustiva (nella specie, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva escluso il riconoscimento della circostanza attenuante per aver ritenuto non proficua la disponibilità manifestata dall’imputato ad effettuare il riconoscimento fotografico di altri soggetti coinvolti nella vicenda criminosa ai quali aveva fatto solo un generico riferimento)
3.2. Manifestamente infondata Ł la seconda doglianza: la Corte territoriale ritiene che la documentazione prodotta dalla difesa non consenta una ulteriore mitigazione del trattamento sanzionatorio, posto che le condizioni personali dell’imputato erano già state valutate al fine del riconoscimento delle circostanze atipiche, mentre la gravità intrinseca del fatto ha valore assorbente sotto ogni altro profilo.
Il Collegio rammenta in proposito che la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; pertanto, nel giudizio di cassazione Ł inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), circostanza da escludersi nel caso di specie.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME